martedì 9 aprile 2019

Paradiso e perdono

Ieri sera sono iniziati gli esercizi spirituali parrocchiali.
Durante la riflessione mi sono ritrovato a pensare all'immortalità, al paradiso, anche stimolato da questa lettura.
Mi è tornato in mente un fulgido esempio di perdono, una specie di riedizione della parabola del padre misericordioso a parti invertite (solo il fratello maggiore mantiene il suo ruolo...).
Anni fa mi ritrovai a dare una mano, in carcere, a una persona che doveva passare un esame universitario.
Erano parecchi anni che era "dentro". Aveva già preso il diploma lì, e ora serviva una mano in matematica
Tralascio gli aneddoti sul mondo carcerario che vissi (molto tangenzialmente) in quel periodo. L'essenziale è che quella persona era lì per questioni legate ad abusi sulle due figlie. Non ho mai saputo di preciso cosa fosse successo, ma vista la durata della pena non doveva essere cosa da nulla.
Un giorno questa persona mi disse: "La settimana prossima non venire. Sarò in permesso. Vedrò mia figlia!". L'eccitazione, la tensione era palpabile. Ovviamente questa persona era stata allontanata dalle figlie, finché queste erano minorenni. Compiuti i 18 anni, la figlia maggiore non aveva più voluto saperne nulla.
La figlia minore, invece, appena maggiorenne accettò di incontrare il genitore.
Qualche anno dopo, quella persona si laureò, e volle invitarmi a una festicciola, il pomeriggio della tesi, prima di ritornare in cella. C'era anche la figlia.
Era evidente che genitore e figlia non si conoscevano, non si frequentavano assiduamente: il rapporto era ancora limitato ai permessi carcerari.
Eppure lei era lì, a condividere un momento di festa, e si vedeva che cercava di "fare la figlia": "ti tengo il telefono, lascialo pure a me, vuoi qualcosa da bere?".
Due sorelle, una che perdona e accoglie, l'altra che fa la scelta più razionale e va per la sua strada.
Da quella volta sono sempre stato piuttosto sensibile alla sesta opera di misericordia corporale, pur non avendo più avuto occasione di praticarla.
Ecco, io mi immagino il Paradiso come un luogo in cui ci si perdona tutti, sempre. E il perdono come un'anticipazione di Paradiso in terra.
Quando saremo in Paradiso, dopo la risurrezione della carne, incontreremo di nuovo i nostri cari, ma non solo loro. Incontreremo anche coloro che ci hanno fatto dei torti, e coloro a cui li abbiamo fatti noi. Gli assassini (pentiti) incontreranno le loro vittime, e troveranno perdono.
Non per nulla, credo, il primo santo - e l'unico di cui siamo assolutamente certi, perché ce l'ha detto Gesù - è un ladrone condannato a morte.
Alla fine - ora aggiungo una bestialità teologica, perciò ci metto davanti un forse - il passaggio fondamentale della salvezza, della redenzione dono di Cristo, fu il "Padre perdona loro". Il sacrificio da solo, senza il perdono, sarebbe forse stato interpretato come nell'Antico Testamento: meritevole di punizione per gli uomini. Invece Cristo viene e porta il perdono. (Come nella Confessione: che grande sacramento!).

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