domenica 26 aprile 2015

Paolo VI e il lavoro

Venerdì io e Francesca siamo stati all'incontro su Paolo VI e il lavoro organizzato dalla Parrocchia (che prima o poi verrà caricato qui).

E' stato un incontro interessante, sono felice di essere stato tra i pochi partecipanti.

La relatrice ha tratteggiato l'atteggiamento di Montini/Paolo VI nei confronti del lavoro citando molti testi e facendo molti parallelismi con l'attuale Papa. Mi ha un po' stupito che non si sia parlato della continuità che si legge in tutta la dottrina sociale della Chiesa sulla dignità del lavoro, dalla Rerum Novarum (prima) alle Laborem Exercens, Centesimus Annus e Caritas in Veritate (poi).

Ma al di là della relazione in sè, ho poi riflettuto sul rapporto tra Chiesa e lavoro. Con tutte quelle aperture "spot", come visitare le fabbriche o scrivere encicliche, si è costruito un rapporto duraturo ed efficace?
A me pare di no: gli operai hanno continuato a votare comunista, nel decennio finale di Paolo VI è nato e cresciuto il terrorismo rosso, i padroni hanno continuato a godere dell'appoggio di gran parte della gerarchia, l'esperimento dei preti operai, citato nell'incontro, non ebbe gran seguito.
Ma anche dalla parte della Chiesa si nota un certo silenzio: nelle moltitudini di beati e santi elevati agli altari da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI non ricordo nessuno che sia santo per la sua attività lavorativa, né tra i padroni né tra gli operai. Ci sono dei santi lavoratori, ma nessuno che sia "simbolico" e santo in virtù del suo operato, tant'è vero che il patrono dei lavoratori è San Giuseppe lavoratore e non un santo moderno.
Qui a Brescia abbiamo il beato Tovini, che però era più che altro un professionista e la cui figura non è esente da polemiche, specie nella sua stessa Valcamonica.

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