lunedì 5 gennaio 2015

La flat tax e l'etica (anche cristiana) delle tasse

Ho visto Salvini con la maglietta (chissà perché d'estate usava le felpe, e ora le magliette) con scritto "15% si può", con riferimento alla flat tax che ha iniziato a proporre.

La proposta è ovviamente una boutade puramente elettoralistica, per far parlare di sé: viste le attuali aliquote IRPEF, l'applicazione di una tassa del genere diminuirebbe di almeno la metà il gettito fiscale. Di conseguenza se ne parla qui solamente in via del tutto ipotetica, filosofica direi.

Partiamo da lontano. Pagare le tasse è giusto: su questo - in linea di principio - concordano praticamente tutti, al di fuori di una sparuta pattuglia di anarcoliberisti. Le tasse servono a pagare i servizi comuni, le pensioni, l'ordine pubblico, la sanità, la viabilità, la scuola eccetera, ovvero quelle cose che sono a disposizione di tutti (anche se non è detto che tutti ne usufruiscano, si pensi alla sanità, per esempio), e quindi sono necessarie.

Il problema è definire quanto sia giusto pagare, e secondo che modalità.
Sul quanto non mi avventuro in ipotesi. Diciamo che sul principio di fornire la maggiore quantità possibile di servizi con la massima efficienza e il minimo costo si è tutti d'accordo, da qui in poi ogni passo in più (quali sono i servizi necessari? Quale la loro organizzazione? Quale il giusto costo? Quanto invece è spreco?) entra nella variabilità della opinione e della valutazione politica.

La modalità di tassazione nel nostro Paese è (secondo me curiosamente) specificata addirittura in Costituzione: all'articolo 53 si legge infatti che
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.

Questa impostazione è evidentemente ispirata da un principio etico: chi ha di più deve dare di più. Il principio però specifica meglio questo "di più": non solo di più in valore assoluto, ma anche in proporzione.

Secondo me questa è eticamente una forzatura. La legge (la Costituzione, addirittura!) stabilisce come vincolante il fatto che ognuno non sia tenuto a contribuire alla collettività in maniera proporzionale, come avverrebbe con una flat tax, ma chi guadagna di più deve contribuire in modo più che proporzionale.
In altre parole: supponiamo che io guadagni 1000 e paghi 500 di tasse, e il calciatore di turno che guadagna 10 milioni paghi 5 milioni. Per il principio della progressività non è sufficiente che lui (che guadagna diecimila volte quello che guadagno io) paghi il "decimilluplo" di me in tasse. Il calciatore deve aggiungere ancora qualcosa: pagherà per esempio 5,5 milioni, o 6 milioni.

A me sembra ingiusto. So che è una posizione non molto popolare: anche se al calciatore togliamo 6 milioni invece che 5, gli restano sempre una montagna di soldi con cui fare la bella vita!
Però, se parliamo in termini di principio, io devo supporre che nessuno abbia costretto il datore di lavoro a offrire quei soldi al calciatore. Tendenzialmente (so che nella realtà non è sempre così, ma se ci pensiamo troveremo moltissimi casi in cui invece la regola è rispettata) chi guadagna di più si merita quello che prende, per via della sua preparazione molto specialistica, del fatto di essere l'unico a offrire un certo tipo di prestazione, della responsabilità che si addossa, del tipo di ricchezza che riesce a generare con il suo lavoro. Se i soldi guadagnati sono meritati, non vedo perché dovrebbero essere trattati diversamente da altri soldi (molti di più o molti di meno) ugualmente meritati.

Da cristiano so che è un dovere aiutare chi è meno fortunato. E' un principio etico, per cui mi aspetto che il calciatore di cui sopra faccia un sacco di beneficenza. Però non mi sembra giusto stabilire per legge che una persona sia costretta a fare "beneficenza allo Stato", e mi sembra che sia quello che va a fare la tassazione progressiva.
Addirittura in certi casi la progressività travalica l'etica e sconfina nell'ideologia. L'aliquota massima del sistema francese che Hollande ha voluto al 75% mi sembra fuori da ogni limite di ragionevolezza: che senso ha che il 75% di quel che guadagno mi venga confiscato de iure?
Comunque, il mio sistema fiscale ideale è una tassazione proporzionale (flat tax) con una zona di esenzione per i redditi più bassi, accoppiato ad un'azione efficace per pareggiare i punti di partenza e dare opportunità il più simile possibili a tutti, indipendentemente dall'origine. Poi so che nel mondo reale non funziona così, quindi mi terrò alla larga dai Salvini di turno e continuerò a pagare le mie tasse :-).

Però quello che mi interessa è il discorso generale: tendenzialmente sono contrario a stabilire il bene per legge, fatta salva la difesa dei diritti fondamentali. "Non uccidere" o "non sfruttare il prossimo" sono norme etiche meritevoli di essere tradotte in leggi, perché difendono la dignità della persona, che è il valore fondamentale per eccellenza. "Non cumulare fortune eccessive" o "aiuta il prossimo se sei più fortunato di lui" non mi paiono appartenere a questa categoria, pur cercando io - anche da cristiano, come dicevo - di sposare questi principi e di applicarli. Sono principi, secondo me, che riguardano la coscienza e la libertà personale, e non la norma pubblica, fatta salva la contribuzione di ciascuno per una doverosa quota proporzionale alle proprie capacità.

Stabilire il bene per legge (già ne parlavo riguardo alle slot machine) è proprio dello Stato etico, e in linea di principio non mi piace. Poi so anch'io che non è tutto bianco o nero, che ogni legge ha in sè una scelta di ciò che è giusto o sbagliato e che in definitiva ogni Stato si arroga il diritto di essere "etico", in una certa quota.

Però, da cristiano, ho sempre il timore che un giorno il Signore chieda all'Uomo: "E che cosa ne hai fatto della libertà, del libero arbitrio, il più grande dono con cui ti ho creato? Perché hai imposto per legge di scegliere il bene? Io non ho certo costruito steccati e barriere attorno all'Albero della Conoscenza: Eva era libera di scegliere come agire. Che ne sarà della parabola del seminatore, se tu imponi per legge a tutti i terreni di diventare terra buona? Che ne sarà della parabola della vedova e del ricco che offrono al Tempio, se l'offerta la stabilisce la tua legge? Non sono forse io che ti ho spiegato di lasciar crescere liberamente la zizzania insieme al grano, ché poi ci penserà la mietitura a distinguerli? Avete la mia legge, l'avete sempre avuta. Il vostro cuore è così duro da averla dovuta riscrivere nelle vostre leggi?"

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