mercoledì 4 giugno 2014

Da una droga all'altra

Segnalo questo interessante articolo del Washington Post, tradotto da Il Post, che rende ancora più tiepide le mie già dubbiose simpatie per il fronte antiproibizionista.

La considerazione interessante che si legge nell'articolo è che il passaggio da una droga leggera a una droga pesante non avviene - come sostengono spesso i proibizionisti alla Giovanardi - da parte del consumatore, ma addirittura dal lato dell'offerta, da parte dei narcotrafficanti.

Negli USA diventa sempre più facile procurarsi marijuana legalmente. Questa liberalizzazione ha ovviamente tolto mercato alle orgamizzazioni criminali (effetto positivo paventato dagli antiproibizionisti di tutte le latitudini).
Queste però non sono state con le mani in mano, ed hanno spostato il tiro sull'eroina. Di conseguenza il mercato ha visto progressivamente diminuire il prezzo della stessa.

Ciò comporta alcuni evidenti rischi sociali. La maggiore disponibilità a minor prezzo può causare problemi a coloro che già ne erano dipendenti, aumentando i rischi di overdose.
Ma l'ampia offerta può anche ampliare la platea degli utilizzatori. Anche se ciò non avviene con un passaggio tra le droghe "leggere" e quelle "pesanti" (passaggio su cui non si finirà mai di discutere), può succedere che si abbiano nuovi consumatori tra platee più affini, come i consumatori di farmaci oppiacei citati dall'articolo.

Certo, resta il fatto che "differenziare" le fonti illegali per passare dalla marijuana all'eroina non è così semplice. Può essere che l'attività criminale nel complesso diminuisca, che alcuni piccoli coltivatori escano dall'anonimato e dall'illegalità, che il giro d'affari cali. Non è detto insomma che non ci siano comunque delle possibilità di leggere positivamente questi segnali.
Però la storia ci ricorda che dopo il proibizionismo le famiglie mafiose smisero sì di fare soldi con l'alcool, ma si orientarono su attività ancora più redditizie come gli stupefacenti stessi.

Inoltre, come già dicevo per le ludopatie, mi pare che anche in questo caso i costi sociali (anche trascurando l'eventuale aumento di fumatori di erba, che secondo molti non è un vero costo sociale) correlati alla effettiva liberalizzazione siano probabilmente superiori a quelli previsti in teoria dagli antiproibizionisti, anche in direzioni completamente diverse da quelle su cui si concentra il dibattito preventivo.

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