martedì 4 giugno 2013

Il ritiro di Grant Hill

Domenica passando davanti all'Oratorio ho visto un ragazzino che giocava a calcio (sic) indossando una canotta dei Pistons con il numero 33 e il nome Hill. E' stato un tuffo nel passato: anno 1994, ho 16 anni, comincio ad appassionarmi alla NBA. Leggo sempre American SuperBasket e divento un fan dei Pistons, probabilmente uno dei pochi acquisiti dalla franchigia dopo l'epoca dei Bad Boys.

Lo divento grazie a Grant Hill: un giocatore poliedrico, che sa fare bene tutto, gioca in quattro ruoli, re della tripla doppia. Un signore dentro e fuori dal campo, sempre correttissimo, lodato anche dagli avversari.
La stagione 1994-95 fu memorabile: NBA Action su TMC, i notiziari di Telepiù 2 al ritorno dal liceo, il rientro di MJ ad aprile, dei bellissimi playoff pieni di storie da raccontare con gli incredibili Rockets del figliol prodigo Drexler, il "bacio della morte" di Mario Elie, Orlando-Indiana 4-3, Shaq & Penny, Nick "the brick" Anderson. Quell'anno vissi quasi come un affronto personale il fatto che il riconoscimento di Rookie of the Year fosse stato assegnato ex-aequo a Hill e a Jason Kidd (che obiettivamente prometteva bene ma in stagione era stato peggiore).

La carriera di Hill è poi proseguita lungo i binari di un talento abbacinante (sette volte All-Star) offuscato da un elenco incredibile di infortuni e malanni vari. La sua sfortuna e la generale considerazione di cui gode ha messo in secondo piano il fatto che non fosse al 100% un trascinatore, forse anche perché è troppo "gentile", non abbastanza grintoso per trascinare i compagni.

Ieri ho letto la notizia del suo ritiro. Un grandissimo di questo sport, uno con una tecnica di una volta e una correttezza come pochi (ora con queste caratteristiche ci resta Tim Duncan). Comunque la migliore ala piccola dagli anni '90 in poi, insieme a Pippen. Un applauso.

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