venerdì 4 gennaio 2013

Taizé a Roma 2012-2013. Rielaborazione di un’esperienza

Di ritorno dal Capodanno a Roma, con la comunità di Taizé, pubblico questo post scritto a quattro mani con mia moglie Francesca (che AMO TANTO). Un ringraziamento va anche ai nostri compagni di viaggio, insieme ai quali abbiamo vissuto quattro splendidi giorni.


Quando ci è stato proposto di vivere una diversa esperienza spirituale per salutare il vecchio anno e iniziarne uno nuovo, abbiamo accettato con gioia. Infatti, ogni momento di preghiera è un’occasione per incontrare il Signore, per conoscere altri giovani e per ritemprarsi interiormente (ce n’è sempre tanto bisogno).

L’esperienza era il “pellegrinaggio di fiducia sulla terra” che la comunità interconfessionale di Taizé propone ogni capodanno in una città europea. La meta di questo anno è stata Roma. L’evento si è svolto dal 28 dicembre al 2 gennaio.

I pellegrini, provenienti da tutta Europa, sono stati alloggiati in strutture comuni (es. oratori, palestre, istituti…) o all’interno di famiglie che si sono rese disponibili all’accoglienza.

Le giornate si articolavano in questo modo: l’organizzazione delle attività mattutine era affidata alle parrocchie ospitanti, presso le quali i pellegrini vivevano momenti di scambio e di confronto; alla distribuzione del pranzo seguiva la preghiera pomeridiana comune e diversi laboratori di approfondimento nelle principali chiese dell’Urbe. Questi laboratori erano focalizzati su varie tematiche religiose, sociali, economiche e artistiche. La sera si svolgeva un secondo momento di preghiera comune.

Uno degli aspetti dell’evento che abbiamo maggiormente apprezzato è stata l’essenzialità: i frugali pasti erano distribuiti in sacchetto e consumati sulla distesa erbosa del Circo massimo; durante la preghiera eravamo seduti sui decorati pavimenti delle grandi chiese romane, lo sfarzo dei luoghi era diminuito dalla sobrietà, l’attenzione non era più focalizzata sul singolo celebrante, bensì sulla croce e sul popolo di Dio.

Ciò che differenzia questa esperienza da quelle cui siamo da sempre abituati è l’interconfessionalità. Siamo soliti pregare solo tra cattolici; in questo caso invece erano presenti anche ortodossi, protestanti,… Di conseguenza la preghiera non può svolgersi secondo le nostre abitudini, ma deve essere focalizzata sugli elementi che ci uniscono: la Parola e la Croce.

Tutto inizia con una serie di canoni in diverse lingue cantati da tutti i partecipanti, segue la lettura di un passo neotestamentario, il silenzio e un breve commento, affidato a uno dei frère. Durante la preghiera serale l’incontro si chiudeva con l’adorazione della Croce: appoggiando la fronte alla croce, il pellegrino affida al Signore tutti i suoi affanni e le sue preoccupazioni. I canoni sono una caratteristica dello spirito di Taizé e hanno la funzione di scandire i vari momenti.

Uno stile di preghiera diverso da quello da cui siamo abituati, più meditativo. A volte sembra mancare un filo logico, forse perché pare strano iniziare a pregare senza aver fatto il segno della croce. Non è un genere di preghiera che adotteremmo come stile di ogni giorno, ma una volta tanto può essere utile cambiare.

Il pellegrinaggio di fiducia a Roma ci ha fatto riflettere sul tema dell’unità dei cristiani, spesso poco preso in considerazione, percepito lontano dal nostro vissuto. Abbiamo visto e sperimentato che pregare insieme è possibile, che dovremmo imparare a valorizzare quello che ci unisce piuttosto che dare credito a ciò che ci divide. Per i fedeli l’unità è certamente più semplice, per quanto riguarda le gerarchie ci vorrà senza dubbio più tempo per appianare le divergenze.

A questo proposito, anche in vista della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, vi lasciamo la riflessione di frère Alois, superiore della comunità di Taizé.
Come lasciar ardere in noi la passione dell’unità, quel fuoco che il Cristo è venuto ad accendere sulla terra?

Domani, primo gennaio, è la giornata della pace. Se noi, i cristiani, prendessimo insieme un impegno prioritario per la giustizia e per la pace, potrebbe nascere una nuova vitalità del cristianesimo. Un cristianesimo umile, che non impone nulla, ma che è sale della terra.

Per questo è importante che ci mettiamo insieme, provenendo da diverse tradizioni cristiane. Non attendiamo che il cammino dell’unità sia programmato fino al suo compimento, anticipiamo la riconciliazione! Non possiamo più mantenere le separazioni. A causa delle nostre divisioni il sale del messaggio evangelico sta perdendo il suo sapore.

Come battezzati, noi apparteniamo tutti a Cristo, facciamo parte del Corpo di Cristo. Che la nostra identità di battezzati venga prima, che passi davanti alla nostra identità confessionale!

Rifiutiamoci di fare separatamente ciò che possiamo fare insieme. Visitiamoci gli uni gli altri. Vi è pure un’incomprensione reciproca tra le diverse tradizioni cristiane. Quando la superiamo, scopriamo negli altri dei tesori del Vangelo.

Volgiamoci insieme umilmente verso il Cristo, magari in silenzio. Ascoltiamo insieme la sua parola. Cerchiamo insieme il suo volto, come lo stiamo facendo in questi giorni.

Allora lo Spirito Santo viene, come nella Pentecoste. E insieme possiamo mettere in pratica l’appello di Cristo: «Sarete miei testimoni fino alle estremità della terra».

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