martedì 10 aprile 2012

Politica nazionale

E' un po' che trascuro la politica nazionale, e nel mentre sono successe un po' di cose importanti.

Per quanto riguarda il caso Bossi, non avrei mai creduto che si dimettesse subito: onore a lui per la scelta. Per quanto riguarda gli illeciti, invece, la sensazione è che siamo davanti a una specie di circonvenzione d'incapace, e fa ribrezzo vedere che tra i profittatori ci sono i familiari. Sono molto solo del fatto che la carriera politica del Trota sia finita (anche per lui vale lo stupore per l'abbandono così pronto).
Comunque, l'evento segna la fine di un'epoca, forse ancora di più che le dimissioni di Berlusconi, ora ne sono convinto anch'io. Vedremo che cosa succederà alla Lega: per me non regge, e lui ha più probabilità di fare la fine di Martelli dopo Craxi che di avere successo.
Se anche la Lega collassa, però, i problemi che pone restano aperti. I suoi voti saranno a disposizione di chi saprà dare risposte (ipotesi ottimistica) o del prossimo populista di turno (ipotesi pessimistica), quindi c'è da prestare molta attenzione.

Per quanto riguarda la riforma del lavoro, non sono ancora riuscito a farmene un'idea: c'è chi ne parla bene (pochi, e questo può anche essere un buon segno: a questo governo si chiede di fare le cose che si devono fare anche a costo di scontentare tutti), chi ne parla bene "nei limiti di quello che era possibile", chi ne dice peste e corna.
Io ho la sensazione che cambi poco: niente riordino dei contratti precari (ed è un peccato), per i licenziamenti si inserisce il conguaglio economico che non so se prima ci fosse, c'è una riforma molto parziale degli ammortizzatori sociali, la nuova assicurazione garantirà qualcosa a tutti, ma proprio poco.

Più che altro, man mano che passa il tempo, si vede come il Governo perde la carica: fatte subito le pensioni, delle liberalizzazioni non è rimasto più nulla, spolpate dalle lobby come un torsolo di mela, e ora un poco di fatto anche sul mercato del lavoro. E si continua a non agire dove si deve, cioè sulla spesa pubblica abnorme: se non si mette a cura dimagrante lo Stato (che non vuol dire per forza solo tagli, ma anche privatizzazioni e dismissioni) non ci sarà mai lo spazio per agire per la crescita, né in modo keynesiano né abbassando le tasse sul lavoro.
E' vero che mettere a dieta lo Stato vuol dire togliere privilegi a molti (attenzione: non solo ai politici, ma anche a molti pubblici dipendenti!) ma se non lo si fa si procrastinano continuamente le misure draconiane in questo senso, che prima o poi dovranno arrivare.

Nessun commento:

Posta un commento