sabato 24 marzo 2012

Questione di genere

E’ tornato alla ribalta da qualche tempo a questa parte il tema del matrimonio tra persone omosessuali: prima le dichiarazioni di Alfano e Bindi, ora la sentenza della Cassazione. Metto in fila alcune opinioni sul tema.

Discriminazione di orientamento o discriminazione di genere?

Intanto, mi sembra che nella situazione attuale non si possa configurare una discriminazione relativa all’orientamento sessuale, ma al genere della coppia. Due maschi non si possono sposare non perché sono gay, ma perché sono maschi. Due omosessuali di sesso diverso, il maschio gay e la femmina lesbica, potrebbero sposarsi tra loro – per i motivi più disparati – indipendentemente dalle loro inclinazioni sessuali. Al contrario, se io che sono eterosessuale volessi – anche qui per chissà quali motivi, economici, giuridici eccetera – sposare un altro uomo, magari continuando poi per i fatti miei ad andare con le donne, non potrei farlo. Quindi l’elemento ostativo è il genere degli sposi, non il loro orientamento sessuale.

E’ l’unica discriminazione di genere?

Mi sembra proprio che non sia l’unica “discriminazione” di genere che viene comunemente accettata. Anzi, la differenza di genere è tra i motivi che portano con sé grandi differenze in moltissimi campi.

Prendiamo l’elemento lessicale. Sappiamo che in molte lingue i nomi maschili e femminili sono ben diversi tra loro, e c’è un termine specifico per ogni genere. E’ discriminazione chiamare qualcuno “papà” se è un maschio e “mamma” se è una donna? E se un maschio volesse essere chiamato “mamma”? O dovremmo usare “genitore” per tutti? Sembra un’assurdità, ma non è molto lontano dalle polemiche che ogni tanto si sentono sul femminile di certe categorie (“dottore”-“dottoressa”, “ministro”-“ministra”…). Quel che voglio evidenziare è che abitualmente non ci sembra strano chiamare in modo diverso due “cose” che condividono la stessa essenza e che hanno come unica differenza una differenza di genere, come “papà” e “mamma” che sono entrambi genitori, con tutto quel che ne consegue, e che come sola e singola differenza hanno l'essere uno maschio e l'altra femmina.

Ma ovviamente non mi fermo alle differenziazioni lessicali. Prendiamo un’altra ovvietà: le toilette. E’ discriminazione che esistano bagni separati per genere? Qualche maschio vuole intentare causa per discriminazione, chiedendo il diritto a entrare nei bagni femminili?
Anche alcuni diritti sono legati al genere, come per esempio la durata del congedo parentale, oppure i congedi per maternità, che ovviamente sono garantiti solo alle donne e non agli uomini. La stessa discussione sull'imposizione delle cosiddette "quote rosa" in vari ambiti, dalla politica ai consigli di amministrazione, presenta caratteristiche di differenziazione legata esclusivamente al genere, e a nessun altro criterio.
Quindi secondo me ci sono molti esempi pratici in cui non pare strano che ci siano differenze, e persino - in alcuni casi - diritti diversi in base al solo genere.

Lo Stato deve concedere il matrimonio a coppie dello stesso sesso?

In base a quanto esposto finora, mi pare che uno Stato abbia il diritto di valutare se concedere o no il matrimonio tra persone dello stesso sesso, senza commettere con questo una discriminazione: la differenziazione di genere fa parte di quelle categorie che giustificano, in molti campi, atteggiamenti diversi di fronte a situazioni uguali o simili.
Non sono quindi d'accordo con chi ritiene che il matrimonio andrebbe esteso tout court a qualsiasi genere di coppia con l'argomentazione che tutte le persone, e quindi tutte le coppie sono uguali: secondo me si sottovaluta l'importanza della differenza di genere, che invece non viene trascurata nella regolamentazione di altri momenti della vita pubblica.

Detto che non è uno scandalo non concedere il matrimonio a coppie dello stesso genere, ciò non significa però che sia vietato concederlo: uno Stato potrebbe anche valutare opportuno farlo. Vediamo allora se - seppure non doveroso - sia opportuno concedere l'unione matrimoniale civile alle coppie dello stesso sesso.

Perché esiste il matrimonio?

Per ragionare su questo argomento è necessario fare il punto sul perché la cosa pubblica offre uno strumento di regolamentazione dei rapporti interpersonali quale il matrimonio. Con questo strumento lo Stato pretende delle garanzie a fronte del riconoscimento di alcuni vantaggi e diritti. Credo che ciò si giustifichi con due motivazioni fondamentali: la salvaguardia di una ordinata struttura sociale, limitando i contrasti e garantendo una certa stabilità; e la promozione della responsabilità nei confronti dei figli. In particolare, la stessa etimologia della parola "matrimonio" si riferisce alla maternità (matri munus = azione, compito, prerogativa della madre).
Ecco, secondo me questa caratteristica di maternità/paternità è una componente fondante e inscindibile del concetto di matrimonio. Per questo non credo che sia un istituto estensibile alle coppie dello stesso sesso.

Conosco le obiezioni a quest'impostazione: allora non si dovrebbero sposare nemmeno le coppie sterili, o quelle in età avanzata.
Intanto le coppie di persone dello stesso sesso sono "costituzionalmente" sterili (sì, lo so, è un'espressione di Giovanardi, ma mi sembra che il concetto si capisca), mentre per le coppie di sesso diverso questa condizione è un'eccezione, e mi chiedo se si dovrebbe legiferare secondo le eccezioni o secondo la regola. Ma anche tralasciando questo punto, credo che ci sia un'altra osservazione non inutile: le coppie sterili possono comunque avere figli attraverso l'adozione (proprio perché si riconosce la loro "predisposizione strutturale" alla genitorialità, in un certo senso), quindi è giusto che possano avere la possibilità del matrimonio. Per le coppie in età avanzata in effetti sono molto più scettico: credo che il matrimonio sia un istituto che potrebbe essere rimpiazzato da altre forme di convivenza per ora assenti.

Sono invece contrario alla possibilità dell'adozione per le coppie dello stesso sesso, per motivi su cui mi sono già espresso (parlavo delle adozioni per singoli, ma il discorso è estensibile) e che si riconducono essenzialmente - oltre alla mia convinzione sulla presenza di un ordine naturale delle cose, che però è una convinzione personale che non posso imporre agli altri - al principio di precauzione nella salvaguardia per i bambini e la loro crescita armonica. Diretta conseguenza di questa contrarietà, visto che mi sembra che la questione figli sia fondante per l'istituto matrimoniale, è la mia contrarietà ai matrimoni tra soli uomini o sole donne.

Perché molti omosessuali chiedono il matrimonio?


Detto e argomentato il no ai matrimoni tra persone dello stesso genere, che secondo me andrebbe in parallelo con l'adozione, ciò non toglie che quando molti omosessuali rivendicano il diritto al matrimonio qualche ragione ce l'hanno. Non tanto sul "diritto" a sposarsi, che non è secondo me tale, ma sui problemi pratici che si presentano nella loro situazione di "coppia irregolare", come per esempio l'impossibilità di assistere il proprio compagno in ospedale. Credo che sia a fatti come questi che si riferisce la Cassazione quando si riferisce al diritto a una vita "familiare". Tra l'altro questi problemi sono almeno parziamente sovrapponibili a quelli che incontrano le coppie di fatto eterosessuali.

E riguardo a ciò cosa si può fare?

Secondo me, per questo genere di problemi si possono pensare una vasta gamma di interventi.
Intanto, mi pareva di avere sentito dire che molti di questi inconvenienti si possono risolvere con atti ad hoc presso notai, scritture private e simili, così come per altre questioni che riguardano più specificamente le coppie di fatto (come il riconoscimento dei figli).
Comunque, non sono contrario, nell'ottica di una semplificazione burocratica, a istituire una qualche forma di "contratto di convivenza" per venire incontro alle molte persone - eterosessuali o omosessuali che siano - che vivono qualche disagio legato alla loro condizione cosiddetta "irregolare".

Questo genere di contratto può avere molte forme: dalla semplice "raccolta" di atti che già oggi si possono fare separatamente (potrebbe per esempio comportare il riconoscimento automatico dei figli da parte del padre, la possibilità di assistenza in ospedale, l'assegnazione automatica di una quota di eredità disponibile al convivente) a forme più complesse, che garantiscano alcuni diritti propri del matrimonio (per esempio un certo livello di agevolazioni fiscali) a fronte di alcuni doveri (per esempio la non immediata rescindibilità di questo contratto, pur senza arrivare ai tempi del divorzio).
Allo stesso modo, sono molto possibilista riguardo al tipo di relazioni che questi contratti potrebbero coprire, dalle convivenze alle relazioni omosessuali fino magari alle convivenze non sentimentali (tra fratelli anziani, per esempio).

Pensando alle coppie di fatto eterosessuali preferirei una forma di contratto più lasca, più basilare, visto che se queste vogliono una forma di contratto più completa hanno a disposizione il matrimonio civile (e non ho mai capito cos'abbia che non va, per esempio scegliendo la separazione dei beni). Questa forma di contratto potrebbe essere applicata anche alle coppie anziane di cui sopra.
Però allora bisognerebbe pensare a una forma di contratto più completa specifica per le coppie dello stesso sesso, che potrebbe essere vissuta come una ghettizzazione, quindi posso accettare anche un contratto più articolato ed esteso a chiunque lo voglia.

L'unico vincolo che mi sento di porre, e su cui insisto, è il divieto di adozione alle coppie dello stesso sesso (e tra l'altro ci penserei bene anche per le coppie di sesso diverso che non scelgono il matrimonio: sulla stabilità delle relazioni con figli non si scherza).

E se invece si aprisse il matrimonio alle coppie dello stesso sesso?

Se invece alla fine si ritenesse di aprire tout court il matrimonio anche alle coppie dello stesso sesso, mi piacerebbe che fosse salvaguardato almeno il nome dell'istituto. Non credo che sarebbe scandaloso se il matrimonio tra uomo e donna si chiamasse matrimonio e si trovasse un altro nome per l'unione tra uomini o tra donne: come ho detto prima, non ritengo sia discriminante chiamare due cose uguali con nomi diversi a seconda del genere, e credo che sarebbe una scelta motivata anche per rispettare millenni di storia.

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