domenica 5 dicembre 2010

Pensierini del venerdì sera

Venerdì sera ho partecipato ad una conferenza di Piercamillo Davigo presso la Pavoniana, per la serie Le più belle speranze. Una serata interessante, con un relatore brillante e sagace, che ha affrontato i problemi della giustizia in modo per me sorprendente (cioè senza prendersela con Berlusconi, ma con gli avvocati).

Della serata mi riporto due osservazioni che mi hanno fatto riflettere.
La prima riguarda la tassa di successione. Io sono sempre stato favorevole alla sua abolizione, considerandola un'ingiustizia nei confronti dei genitori che si "sbattono" una vita per lasciare qualcosa ai figli. Della stessa idea era Berlusconi, che l'ha abolita, ma anche Prodi, che l'aveva abolita fino a una certa soglia.
Davigo ha ribaltato la prospettiva, dalla parte dei figli: la tassa di successione era un elemento di parificazione dei punti di partenza dei figli. Non di quelli di arrivo, che sarebbe un vetero-comunismo, ma parità dei punti di partenza: è giusto che un figlio sia molto favorito rispetto a un altro solo per le virtù del padre, e non per meriti personali? E' meritocrazia questa? E' giusto che le colpe del padre meno accantonatore ricadano sul figlio? Non si rischia di ritornare a una specie di aristocrazia? Una prospettiva interessante, che non avevo mai considerato.

La seconda osservazione che mi è rimasta in mente è stata la sua affermazione secondo cui lui, quando giudica, preferisce essere criticato che applaudito. La critica acuisce la capacità di giudizio e aiuta a tenere alta la guardia nei confronti degli errori. L'adulazione e gli applausi, al contrario, rammolliscono.
Non sarà ciò che è successo al nostro premier, che negli anni ha allontanato persone che pensavano con la loro testa (che so, Marcello Pera, lo stesso Giuliano Ferrara, anche Renato Ruggiero e Antonio Martino) per sostituirle con molti yes-men?

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