lunedì 13 settembre 2010

Facciamo i conti con la scuola

Oggi è il primo giorno di scuola, accompagnato come al solito d grandi polemiche. Sono andato a spulciare il rapporto annuale dell'OCSE sull'educazione, Education at a Glance 2010, pubblicato pochi giorni fa per cercare di districarmi un po' fra i numeri e le cifre.
Tutti i dati citati vengono quindi da qui: www.oecd.org/edu/eag2010; i dati risalgono all'anno 2008 (quindi prima dell'entrata in vigore delle riforme Gelmini dello scorso anno), ma sono gli ultimi disponibili e permettono di farsi un po' un'idea.
Per i raffronti si useranno i dati dei cinque grandi Paesi europei (Italia, Francia, Gran Bretagna, Spagna, Germania) e le medie UE e OCSE (che comprende anche gli USA) riguardanti l'istruzione elementare, media e superiore (non l'università).

1. QUANTO SI SPENDE PER LA SCUOLA?

Il dato più citato nel leggere il rapporto è quello riportato di seguito, ovvero la spesa per l'istruzione in rapporto al PIL.




































Spesa per l'istruzione sul PIL

Italia

3.1%

Francia

3.9%

Germania

3.0%

Gran Bretagna

4.2%

Spagna

3.9%

Media UE

3.5%

Media OCSE

3.6%


L'Italia sembra quindi spendere poco, come (curiosamente) la Germania, che però ci batte contando anche la spesa universitaria. In realtà io tendo a diffidare delle percentuali del PIL, che possono essere indicative ma non sempre convincenti: ha senso rapportare la spesa per la scuola (pubblica) con la ricchezza totale del Paese (quindi anche, in gran parte, privata)?  Inoltre, se ci fate caso, l'Italia sembra sempre spendere, in % di PIL, meno degli altri Paesi per tutto: spende meno per la famiglia, per la ricerca, per la difesa... Questo anche perché non è mica detto che la somma di tutte le spese debba fare il 100% del PIL, inoltre l'Italia ne impiega parecchio, per esempio, per pagare gli interessi sul debito. Infine, nel contare le percentuali bisogna considerare anche il denominatore, non solo il numeratore: la percentuale può crescere sì se aumenta la spesa scolastica, ma anche se cala il PIL, e questo non è indice di buona spesa.
L'OCSE fornisce ancora un altro dato: la percentuale di spesa scolastica rispetto alla spesa pubblica, che è già più significativa.















































 


Spesa istruzione
su totale spesa pubblica



Totale spesa
pubblica su PIL

Italia

6.4%

48.4%

Francia

7.1%

54.9%

Germania

6.6%

45.4%

Gran Bretagna

8.9%

47.2%

Spagna

7.0%

55.7%

Media UE

8.0%

43.8%

Media OCSE

9.0%

40.0%


 


L'Italia è cenerentola. Qui ci avviciniamo senz'altro alla verità, questo è un'indicatore di dove lo Stato spende e di che priorità si dà - ed evidentemente sono altre.
Resta però ancora l'inghippo del denominatore: è vero che l'Italia spende poco in rapporto alla spesa pubblica, ma ha anche - come si vede nella terza colonna della tabella, ottenuta incrociando i dati della seconda colonna con la tabella precedente - una spesa pubblica elevata (e qui ci sarebbe tanto da parlare...) rispetto ad alcuni dei Paesi che spendono di più e rispetto alla stessa media UE. Quindi spendiamo poco ma di un totale elevato: questo può forse compensare l'effetto?
Altra osservazione: fin qui le statistiche non tengono conto dell'utenza, ovvero della popolazione scolastica, che è diversa fra i vari Stati: la Francia, che spende molto, ha una politica familiare ottima, e quindi molti bambini più di noi, che siamo una nazione anziana. Spendere meno può essere quindi collegato al bacino d'utenza più ridotto.
Per verificare ciò, osserviamo la spesa pro capite (espressa in dollari a parità di potere d'acquisto).






















































Spesa pubblica per studente ($)

 

Elementari

Medie

Superiori

Italia

7383

8222

7864

Francia

6044

8339

11082

Germania

5548

6851

9557

Gran Bretagna

8222

9166

8714

Spagna

6553

8155

9867

Media UE

6752

8165

8617

Media OCSE

6741

7598

8746


Si vede che la situazione si ribalta: per elementari e medie, la spesa pubblica per studente è seconda solo alla Gran Bretagna, e superiore a tutti gli altri Paesi e alle medie EU e OCSE. Meno soldi vengono spesi invece per le superiori.

2. GLI INSEGNANTI SONO TANTI O POCHI?

I dati OCSE danno risultanze sorprendenti anche per quel che riguarda i dati sulla quantità di insegnanti rispetto agli alunni e il famigerato affollamento delle classi.









































































 

Alunni per classe

Alunni per insegnante

Elementari

Medie

Elementari

Medie

Superiori

Italia

18.6

20.9

10.6

9.7

11.8

Francia

22.7

24.1

19.9

14.6

9.4

Germania

21.9

24.7

18.0

15.0

14.0

Gran Bretagna

25.7

21.3

20.2

15.0

12.4

Spagna

19.7

23.6

13.1

10.3

8.7

Media UE

20.3

22.2

14.6

11.5

12.0

Media OCSE

21.6

23.7

16.4

13.7

13.5


Si vede che la media di studenti per classe è la più bassa d'Europa, e ci sono molti insegnanti (qualcuno di meno alle superiori, ma sempre nella media). Perché allora ci si lamenta spesso del contrario? L'unica spiegazione che mi do è il paradosso dei polli: questa è "solo" statistica. 
Per l'affollamento delle classi, per esempio, può essere che vista la morfologia del territorio italiano, frazionato in mille comuni, ci siano istituti con classi piccole e risicate (per esempio gli istituti di montagna), mentre altri scoppiano. A tal riguardo, non sarà ora di decidere se sia più responsabile ed efficiente (anche economicamente) istituire servizi di scuolabus per le frazioni, invece di tenere vive tante sedi ormai sottoutilizzate? Sarebbe un bel miglioramento, vero ministro Gelmini? Anche se toccherebbe scontrarsi con i localismi di marchio più o meno leghista... e poi anche le frazioni votano, e quale sindaco vorrebbe perdere così qualche decina o centinaio di consensi?
Per quanto riguarda il numero degli insegnanti, invece, probabilmente c'è da tenere conto dei molti insegnanti che risultano assegnati a una scuola ma che non esercitano: le molte maternità e qualche fannullone un po' più ingiustificato, di cui si riempiono a volte le cronache a forza di certificati medici compiacenti. Inoltre (e questo è un punto di merito) probabilmente da noi abbondano gli insegnanti di sostegno.
Comunque, sta di fatto che nessuno ha tanti docenti e tante classi quanto l'Italia, in rapporto alla popolazione scolastica. Un po' è anche retaggio di un uso della scuola come "ammortizzatore sociale", come posto statale sicuro magari per donne, in un Paese in cui praticamente il part-time non si usa e quindi conciliare il lavoro con i figli è complicato. A riprova di ciò, mi pare che per il punteggio nelle graduatorie contino anche i figli (!): che c'entra col merito o con la bravura dell'insegnante? Quest'uso riflette la mentalità dello stipendio come un surrogato dell'aiuto sociale alla maternità.
Poi probabilmente questi docenti sono distribuiti male, e c'è chi sgobba maledettamente con classi da 30 bambini mentre altri stanno in classi da 9-10-11 alunni (conosco direttamente scuole così).
Come chiosa finale, lascio al lettore il compito a casa di vedere sui dati OCSE come i nostri bambini passano più ore di tutti a scuola: sarà che forse usiamo troppo il tempo pieno, magari perché non avendo una politica familiare le mamme lavoratrici hanno bisogno di parcheggiare il pargolo per più ore possibili?

3. E QUANTO GUADAGNANO GLI INSEGNANTI?

Su questo tema, altro punto di forti lamentele, forse la nostra categoria più ragione di lamentarsi. Vediamo i dati, espressi in dollari a parità di potere d'acquisto. Gli stipendi sono quelli medi per un insegnante con 15 anni di anzianità.










































































































 

Stipendio

Ore di insegnamento annue

Paga oraria (per ore di insegnamento)

Elem.

Medie

Superiori

Elem.

Medie

Superiori

Elem.

Medie

Superiori

Italia

31520

34331

35290

735

601

601

43

57

59

Francia

31927

34316

34593

926

644

630

34

53

55

Germania

54184

59156

63634

805

756

715

67

78

89

Gran Bretagna

44630

44630

44630

654

722

722

68

62

62

Spagna

42796

46794

48945

880

713

693

49

66

71

Media UE

38582

41519

45043

763

661

632

51

63

73

Media OCSE

39426

41927

45850

786

703

661

50

60

71


Se si guarda la paga annua, in effetti, quella italiana è bassa, in linea con la Francia ma ben al di sotto degli standard europei, specie rispetto alla Germania, dove gli insegnanti sembrano dei Paperoni (ricordate? la Germania era la nazione che spendeva meno per la scuola rispetto al PIL... prova di quanto quell'indice possa essere fuorviante).
Se guardiamo le ore di insegnamento, però, notiamo la prima cosa curiosa: in media, nessuno lavora poche ore come i nostri docenti. Considerando la media dei tre corsi di studio, sono 40 ore di insegnamento in meno della media europea: circa 3 settimane in meno, se non di più. Questo dato è ancora più sorprendente se si ricorda che i nostri bimbi passano più ore di tutti a scuola... ecco quindi di nuovo la sproporzione nella quantità dei docenti.
Calcolando la paga oraria, la sproporzione con gli altri Paesi diminuisce un po', specie per le medie che si avvicinano alla media OCSE, ma non si annulla.
E poi c'è la consueta osservazione: le ore di un insegnante non si esauriscono in quelle di insegnamento, c'è da aggiornarsi, preparare la lezione, correggere i compiti, le riunioni, i colloqui... E qui lo studio OCSE ci dà ancora uno spunto interessante: in alcuni Paesi si richiede per contratto un numero minimo di ore di attività, oltre l'insegnamento, da svolgersi a scuola. A scuola, mentre le ore di lavoro "libero", a domicilio, sono segnalate in modo diverso in altri Stati. Questo vuol dire più stipendio, ma meno flessibilità e un monte ore totali vincolato, come per un dipendente con orario d'ufficio. E le ore non sono poche: si veda la tabella (le ore sono comuni per tutti i corsi di studi), in cui si è provato anche un raffronto con un lavoro d'ufficio.






































 

Lavoro annuo a scuola

Lavoro annuo complessivo
(a scuola + a casa)

 

Ore

equivalenti a...

Ore

equivalenti a...

Germania

-

-

1775

un lavoro d'ufficio a tempo pieno per tutto l'anno (44 settimane x 40 ore)

Gran Bretagna

1265

29 ore settimanali a scuola per tutto l'anno (44 settimane lavorative) o 33 ore settimanali sulle attuali 38 settimane

-

-

Spagna

1140

26 ore settimanali a scuola per tutto l'anno (44 settimane lavorative) o 30 ore settimanali sulle attuali 38 settimane

1425

un lavoro d'ufficio part-time a 32 ore per tutto l'anno (44 settimane lavorative)


 In pratica, credo abbia ragione un mio amico che lavora nel mondo della scuola: "agli insegnanti italiani si dà poco e si chiede poco". Gli insegnanti italiani sono pronti a lavorare di più per guadagnare di più?
E i sindacati sono pronti ad accettare una razionalizzazione del mondo dell'insegnamento che vada in questa direzione, a inevitabile detrimento dei nuovi posti di lavoro (se gli insegnanti lavoriano di più inevitabilmente il loro numero totale diminuirà...)?

(Certo, nel fare il confronto con gli altri Stati non si può dimenticare il carico fiscale diverso e più pesante in Italia, visto che i valori sembrano essere lordi. Questo però è un problema comune a tutti, da noi, in particolare ai dipendenti; bisognerebbe quindi protestare non per lo stipendio basso, ma per le tasse troppo alte).

4. ...E I PRECARI?

Nei giorni scorsi il ministro Gelmini ha parlato di più di 220.000 precari. I sindacati hanno contestato le cifre: io immaginavo che intendessero che sono di meno, per dire che il riassorbimento è plausibile perché i numeri non sono così alti. Invece leggo che i numeri proposti sono ancora peggiori: chi dice 250.000, chi 260.000, chi di più.
Più di 260.000 persone significa quasi lo 0.5% della intera popolazione italiana, tutta di precari, che dovrebbero aggiungersi ai docenti che in proporzione sono già più che in tutti i Paesi industrializzati! Quindi secondo me ha ragione la Gelmini che dice che è materialmente impossibile assorbirli.
E allora? Il diritto al lavoro, alla dignità personale? Appunto: c'è il diritto al lavoro, non a "quel" lavoro, la dignità come persona non è sottoposta alla dignità di insegnante. Lo Stato deve farsi carico di queste persone, non per forza con un posto nella scuola, e secondo me nemmeno con un posto statale: bisogna creare le condizioni perchè si creino posti di lavoro alternativi, anche sul territorio, non per forza nello Stato.
Certo che è una cosa lunga, ma anche il riassorbimento in ruolo avverrebbe - secondo le diverse fonti - tra il 2018 e il 2022, e provocherebbe il blocco degli accessi di insegnanti nuovi (i giovani che stanno studiando adesso, per intenderci) per i prossimi 10-15 anni. Questo è andare verso il merito? Non mi sembra giusto nè efficiente che un bravo giovane sia scavalcato solo per "anzianità di precariato". Inoltre prevedere un riassorbimento globale va contro la razionalizzazione e la riduzione di numeri che auspicavo sopra...
E per il futuro, un numero chiuso all'accesso alle eventuali scuole di specializzazione, ai tirocini o ai concorsi sarà più che necessario, per non creare di nuovo masse di persone con illusioni che cozzano contro la realtà. Magari un numero chiuso programmato secondo le necessità: mi risulta che insegnanti scientifici ce ne siano pochi e a volte manchino, mentre quelli umanistici sono in sovrappiù.

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