lunedì 7 novembre 2022

Il resto del mondo

Qualche anno fa all'esame di maturità fu proposto un tema che riguardava i BRICS. Ricordo che storsi il naso: BRICS è una azzeccata sigla che mette assieme Paesi molto diversi tra loro.

Qualche giorno fa mi è capitata sott'occhio questa cartina.

 
 
Si tratta della mappa del riconoscimento internazionale del Kosovo.
Io avevo presente la situazione europea, e pensavo che il Kosovo fosse ampiamente riconosciuto e che solo pochi Stati con interessi interni (Spagna, Cipro) rimanessero ostinati nel non riconoscimento.

Invece scopro che nel mondo circa una metà degli Stati aderenti all'ONU non lo riconoscono, e in particolare nessuno dei BRICS. Al di fuori del mondo "occidentale" la posizione sul Kosovo è largamente contraria.

Valutando le votazioni all'ONU su una cosa apparentemente banale come la condanna delle annessioni illegali russe nelle regioni invase, cosa per cui mi aspetterei un ampio consenso internazionale, si leggono cose interessanti.
Effettivamente la condanna è stata ampia (143 voti), ma tra gli astenuti ci sono Cina e India.

La posizione dei Paesi non occidentali - una volta si sarebbe detto "non allineati" - è molto più sfumata di come l'avevo in mente. L'Atlante Treccani offre articoli interessanti al riguardo.
L'India si mantiene in una via di mezzo tra USA e Russia, aggirando anche le sanzioni economiche.
L'Indonesia aspira a un nuovo protagonismo in vista del G20, e a giugno il presidente ha visitato sia l'Ucraina che la Russia.
Le posizioni di Lula in Brasile sono meno nette e più equidistanti di quello che ci si potrebbe aspettare.

Ma l'attore principale di questo scacchiere extraeuropeo è senz'altro la Cina. Il punto di vista cinese è descritto in questo interessante articolo, che spazia da note pessimiste (la trappola di Tucidide applicata a USA e Cina) a note più ottimiste (il concetto di "ascesa pacifica"). Ma su una cosa l'articolo è esplicito:

La Carta [ONU] sancisce il principio della sovrana uguaglianza di tutte le nazioni che ne fanno parte. Le vere sfide all’ordine delle relazioni tra Stati, quindi, vanno ricercate nelle prove di forza che mettono a repentaglio questo principio di equità. Ne sono esempi l’ordine orientato alla supremazia di un’unica superpotenza, la ricerca dell’egemonia e la politica di potenza.
[...]
Sarebbe irrealistico, però, pensare che l’ascesa pacifica debba coincidere con l’accettazione acritica delle procedure e delle regole stabilite da Washington per l’amministrazione dell’ordine internazionale.
[...]
L’analisi storica, però, permette di capire che l’ordine internazionale che Washington ha giurato di preservare è progettato per servire gli interessi degli Stati Uniti e perpetuare la loro egemonia. Da un certo punto di vista, quindi, gli stessi Stati Uniti possono essere considerati un agente di disturbo dell’ordine mondiale.

Secondo me questo è un elemento fondamentale, che accomuna tutte queste nazioni non occidentali: la diffidenza verso un mondo unipolare, in cui comandano gli USA.

In parte può essere una diffidenza "interessata", specie da parte della Cina, desiderosa di sostituire la sua influenza a quella americana.

Ma non possiamo neppure sottovalutare altri aspetti. Quei Paesi sono tutti posti che hanno subito la colonizzazione occidentale, è naturale una diffidenza di fronte a chi si erge a "comandante del mondo" in un altro modo.
Tutto il Sudamerica ha subito le ingerenze USA della dottrina Monroe per lunghi e sanguinosi decenni, perciò lì la diffidenza è ancor più naturale. Non escludo che anche la posizione papale sia saldamente pacifista e non esente da critiche alla NATO ("abbaiare", disse) anche per via di una forma mentis, un imprinting molto sudamericano.

Inoltre l'epoca dei due blocchi fu un'epoca relativamente florida per i non allineati, che lucravano dalla loro posizione "terza". Questo a me ricorda ciò che scrive l'articolo che ho citato:

Xi Jinping aveva provato ad offrire una risposta pacifica alla trappola di Tucidide, immaginando un «nuovo modello di relazioni tra grandi potenze» basato sulla soppressione dei conflitti, sul rispetto reciproco tra sistemi politici e modelli di sviluppo diversi e su una più stretta collaborazione riguardo a temi come la non proliferazione e il cambiamento climatico.

Questo nuovo modello assomiglia ai due blocchi della guerra fredda. Può essere che per i BRICS sia considerato un modello auspicabile.

AGGIORNAMENTO: anche la più recente votazione ONU a tema conferma quanto detto:



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