lunedì 11 aprile 2022

Cesaropapismo

In questo periodo sto ascoltando il podcast di Marco Cappelli sulla storia d'Italia.

Cappelli la prende alla larga, partendo da Costantino.

Il periodo sucessivo al cosiddetto editto di Milano del 313 è particolarmente interessante per il discorso dell'intreccio tra Stato e Chiesa. Costantino appoggia il cristianesimo nella prospettiva di una religione unificante, con un solo Dio, all'interno di un impero con un solo imperatore e ormai passato dall'era del principato a quella del dominato.

La storia dei secoli successivi è una storia di cesaropapismo: è l'imperatore a convocare i concili, è l'imperatore a scegliere il patriarca di Costantinopoli. L'editto teodosiano del 380 non è il trionfo del cristianesimo, è il suggello di ciò. Il papato si affranca dall'autorità imperiale sostanzialmente a partire dalla fine del VI secolo. Già alla fine del V secolo papa Gelasio mise per iscritto i principi della separazione dei poteri, proprio per difendersi dall'imperatore, ma la situazione non cambiò, anzi il disastroso pontificato di Vigilio rese evidente che l'indipendenza papale era una chimera.
Solo con Gregorio Magno, che sfrutta la sostanziale autonomia dell'Italia all'interno del mondo bizantino, per vari motivi contingenti (ordinamento giustinianeo che affidava compiti amministrativi ai vescovi; debolezza di Costantinopoli, che chiede all'Italia di organizzarsi con le proprie risorse; invasione longobarda che rende difficili i contatti con l'Oriente; scomparsa del senato romano durante la guerra greco-gotica, con molti senatori uccisi o emigrati in terre più tranquille), il papato diventa il potere di riferimento a Roma.

E' interessante notare che il cesaropapismo è abitudine rimasta influente in Oriente, nel cristianesimo ortodosso. Non per nulla è proprio dell'ortodossia avere molte chiese autocefale, che tendono a sovrapporsi ai confini nazionali. Una delle tappe dell'allontanamento ucraino da Mosca è stata l'istituzione di un patriarcato autocefalo a Kiev.
In questa ottica vanno lette le dichiarazioni del patriarca Kirill, appiattito in modo sconcertante sulla posizione di Putin.

Riguardo a quel che sta succedendo a Mosca, è interessante il parallelismo tra il quanto avvenuto dopo il 313 nell'Impero e dopo il 1989 in Russia.
Il cristianesimo, proveniente da decenni di persecuzione, riceve la legittimazione statale all'atto di un cambio di regime. Nella fase di consolidamente del nuovo potere (quello di Costantino, o quello di Putin) la religione forma una solida alleanza con l'autocrate del momento, che, a prescindere dalla fede personale (non sappiamo neppure se Costantino si sia davvero battezzato), usa la religione come elemento di coesione e di legittimazione del proprio potere, creando un gruppo favorito (i cristiani, gli ortodossi) come nuova classe dominante di un impero multietnico che ha bisogno di elementi identitari.

Al riguardo, e non solo, ho letto qualche anno fa Cesare e Dio, del prof. Marco Rizzi. Il libro approfondisce soprattutto il periodo iniziale del rapporto tra Stato e Chiesa, ed è molto interessante proprio per questo, ai miei occhi.

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