venerdì 17 agosto 2018

La nuova pinacoteca

Sono di ritorno dalla rinnovata pinacoteca Tosio-Martinengo.
Mi aspettavo di più. Molto di più.
Essenzialmente è una esposizione cronologica di quadri. Niente guizzi nell'allestimento, nei pannelli esplicativi, nella presentazione del percorso. Dopo nove anni di lavori mi lascia un po' l'amaro in bocca.
Iniziamo dal clima. Là dentro si gelava. Non so chi ha scelto la temperatura, ma ha decisamente esagerato.
Ma al di là di questo delude la scelta di presentare le tele in modo così elementare, praticamente solo cronologico. Non c'è stata ricerca di accostamenti, spiegazione di differenze stilistiche, affiancamento di modelli (ricordo solo una sala fatta così, quella con Moretto, Savoldo e Lotto). La sala più riuscita - non so quanto voluta, visto che anch'essa è in successione cronologica con le altre - è quella sul Seicento non bresciano, in cui si vede la contrapposizione tra caravaggeschi e classicisti.
La presentazione cronologica rende evidente che dopo i grandi del nostro Rinascimento (Ferramola, Foppa, Moretto, Romanino) Brescia esce dalla mappa, con la bella ma particolarissima eccezione del Ceruti.
Questo - con scelta discutibile - si nota anche nella struttura delle sale, che da ampie e ariose si fanno piccole, quasi sgabuzzini o corridoi di passaggio in cui mettere le opere minori. In una "deviazione" del percorso finiscono così le quattro stagioni del Rasio, che avrebbero meritato miglior sorte. In un vicolo cieco anche alcune opere varie, che evidentemente non si sapeva dove mettere, tra cui il trittico del Cifrondi. Peccato che Cifrondi sia uno degli ispiratori del Pitocchetto, a cui è dedicata una sala precedente: qui il criterio cronologico avrebbe potuto essere utile a evidenziare il legame, invece ha prevalso il criterio "sgabuzzino".
Le opere di questa parte risultano quindi poco valorizzate. Ciò si vede anche dal fatto che alcune - i ritratti settecenteschi, per esempio - non hanno un proprio cartellino esplicativo ma sono citate solo nel pannello generico della sala. Questo in pratica le certifica come opere di "serie B".
Mi chiedo se non ci fosse un modo più intelligente per valorizzare anche le opere minori. O altrimenti, se non c'è, limitiamo l'esposizione ai classici, per poi mostrare il Pitocchetto e le committenze ottocentesche del Tosio, con cui in extremis la raccolta si risolleva.
Anche le didascalie e i pannelli esplicativi sono in maggioranza piuttosto deludenti (quando ci sono). Scialbi, elementari, che si limitano a descrivere l'opera senza aggiungere nulla a quello che già posso vedere con gli occhi. Leggendoli imparo poco, insomma.
Lo stesso allestimento è da sufficienza risicata. Va bene, ci sono le pareti colorate, ma sono tutti quadri semplicemente messi alle pareti, mancano pannelli a centro sala, percorsi privilegiati per le opere maggiori (il Cristo e l'angelo del Moretto non avrebbe meritato uno spazio a sé, magari dietro una divisoria con una infografica introduttiva?). L'unica sala in cui si è osato qualcosa è quella con il Roveto ardente appeso al soffitto (non un gran quadro, tra l'altro).
Non so, io e mia moglie siamo degli amatori di musei e pinacoteche, da Brescia - in grado di fare un lavoro superbo con S. Giulia - ci aspettavamo di più, molto di più. Gli esempi di ottime valorizzazioni in giro per l'Italia non mancano (siamo tornati oggi da Sansepolcro).
In conclusione, nuovo allestimento: voto 5. Per fortuna ci salvano alcuni capolavori, che però c'erano anche prima dei nove anni di lavori...

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