giovedì 24 novembre 2016

Ragionamenti sul referendum (3)

(Prosegue da qui e qui)

Dopo aver parlato del Senato, vediamo cosa succede alle autonomie regionali (riforma del Titolo V).

Caso migliore a Costituzione vigente

Nel caso ideale, l’attuale Costituzione può funzionare molto bene: lo Stato si occupa di alcune materie, le Regioni di tutto il resto, i conflitti vengono definiti nella Conferenza Stato-Regioni e grazie alla giurisprudenza pregressa della Corte Costituzionale. In questo modo le Regioni hanno ampio spazio per agire in autonomia in molti campi, e in caso di necessità lo Stato può intervenire con sussidiaria. Lo Stato potrà addirittura delegare alle Regioni più virtuose ulteriori competenze.
In caso di superiore interesse statale, non c’è un meccanismo di prevalenza statale, e il riconoscimento dell’interesse nazionale è affidato al ragionevole accordo tra le parti.
Nel caso ideale non c’è gran bisogno di organi di controllo (che in effetti non ci sono), visto l’accordo tra le parti in vista del bene comune.

Caso migliore a Costituzione riformata

La Costituzione riformata funziona come quella vigente nei meccanismi (vige ancora la competenza residuale regionale), ma non nelle competenze: lo Stato si occupa di molte più materie, diminuendo la sussidiarietà. Tenuto conto di questo fatto, però, nel caso migliore si può sperare che alle Regioni virtuose vengano devolute competenze aggiuntive, ripristinando una modalità di funzionamento più rispettosa delle autonomie. In caso di disaccordi sulle competenze, nel caso ideale questi sono discussi dai rappresentanti delle Regioni in Parlamento, inoltre rimane sempre la Conferenza Stato-Regioni: con queste camere di compensazione il ricorso alla Corte Costituzionale potrebbe essere ridotto al minimo.
Sempre nel caso ideale, lo Stato eviterà il più possibile l’attivazione della “clausola di supremazia”, lasciandola solo per situazioni ponderate, in cui sia assolutamente necessaria.
Se necessario, lo Stato avrà anche a disposizione eventuali “punizioni” per le amministrazioni locali che si comportassero in modo meno che irreprensibile: questo potrebbe fungere da stimolo per il miglioramento delle classi dirigenti locali.

Nel confronto tra i due casi migliori, secondo me vince la Costituzione vigente, anche se la mancanza di controlli e contrappesi fa sì che questa preferenza sia molto legata a un'idealità che sembra più un wishful thinking.
Caso peggiore a Costituzione vigente

Vediamo ora le possibilità peggiori. Nella vigente Costituzione, la situazione può completamente sfuggire di mano a ogni controllo statale: le Regioni potrebbero approfittare (anche in modo non opportuno) della competenza residuale per fare il bello e il cattivo tempo su moltissime materie, approfittando anche del fatto che non hanno la responsabilità fiscale completa di ciò che fanno. Lo Stato non avrebbe neppure il modo esplicito di far valere le proprie ragioni in caso di interesse nazionale.
A quel punto ci si troverebbe in una situazione di conflitto permanente: le Regioni legifererebbero in continuazione, anche su materie di dubbia competenza, e lo Stato farebbe lo stesso anche su materie regionali, tentando di far valere la propria supremazia anche invadendo il campo.
La Corte Costituzionale sarebbe continuamente oberata di lavoro; nel caso peggiore questo continuerebbe a succedere anche dopo molto tempo, visto che il conflitto sembrerebbe l’unico modo per opporsi alle ingerenze della “controparte”.
Lo Stato potrebbe però giocare per la carta economica per piegare le Regioni al suo volere, tagliando i contributi agli enti locali più riottosi.

Caso peggiore a Costituzione riformata

Con la Costituzione riformata, sarebbe lo Stato ad avere il coltello dalla parte del manico, tanto da avere potenzialmente molte armi per esautorare le Regioni.
Nel caso peggiore l’amministrazione centrale potrebbe continuamente invocare l’interesse nazionale, svuotando le Regioni delle loro competenze, o magari farlo solo con le Regioni di colore politico diverso. Anche la possibilità di dare competenze in più alle regioni “virtuose” potrebbe essere usata solo per gli “amici”, mentre con i “nemici” si potrebbero mettere in campo le punizioni per chi ha i conti in disordine, condizione questa piuttosto fumosa e che dipende anche dai trasferimenti statali.
La situazione sarebbe quindi molto sbilanciata a favore dello Stato.

Nel confronto tra i due casi peggiori, secondo me la riforma propone una situazione troppo sbilanciata, anche se la Costituzione vigente porta a una paralisi, mentre con quella riformata lo Stato potrebbe in qualche modo continuare a funzionare.
(continua qui)

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