venerdì 10 giugno 2016

Elogio dell'astensione

Mi sono sempre dato da fare per votare. Finora ho votato in tutte le occasioni in cui non ero impossibilitato fisicamente a farlo, referendum compresi. Ho sempre pensato che il voto sia un dovere civico, in ogni caso.

Riflettendoci un po' su, però, mi sono parzialmente ricreduto. Proprio perché il voto è un dovere civico, un diritto pagato col sangue dei partigiani e da non dare per scontato, è anche necessario esercitarlo con responsabilità. In maniera il più possibile consapevole e informata.

Se uno si rende conto di non essersi informato a sufficienza, di votare solo per sentito dire, di aver prestato orecchio solo a qualche slogan e a qualche manifesto, o a qualche santino portato da qualche conoscente, forse - in coscienza - sarebbe meglio non esercitare il diritto di voto.
Il massimo della civicità, in questo caso, sarebbe recarsi al seggio e votare scheda bianca, in modo da evidenziare che non si tratta di "lazzaronaggine" riguardo al voto.
In questo caso si tratterebbe di delegare al voto gli altri cittadini, i quali - visto che votano - si presuppongono più preparati ed informati. Sarebbe un "mi fido di voi".

Certo, nella valutazione bisogna tenere conto del fatto che, a sensazione, spesso chi vota più convinto non è sempre bene informato e consapevole fino in fondo. Si rischia quindi di lasciare la parola a persone che, semplicemente, si fanno meno scrupoli di coscienza nell'esercizio del diritto di voto.

Ciò non toglie che ci possa essere una forma "virtuosa" di astensione.

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