mercoledì 29 luglio 2015

La responsabilità pubblica, politica, penale

Stavo giusto cominciando a mettere un po' d'ordine nei pensieri sparsi che mi vengono in mente sulla Grecia, quando le nuove notizie su Varoufakis fanno tornare d'attualità le mie elucubrazioni.

Io li capisco, i greci. Tanti non hanno nessuna colpa.
Tanti non hanno votato i governi che si sono succeduti, e che hanno creato la situazione in cui si trovano ora (i conti truccati, il debito esploso, le mostruose inefficienze).
Tanti magari hanno votato per i partiti di governo, ma questi sicuramente non avevano nel programma elettorale di disastrare i conti pubblici (oddio, magari qualcuno più di altri, a leggere bene...).
Tanti greci hanno sicuramente approfittato del lassismo sociale e del clientelismo diffuso, ma non dubito che tanti altri non l'abbiano fatto. Forse a costoro si può imputare di non aver fatto sentire la propria voce per un cambiamento della situazione quando si era ancora in tempo (quando?), o di essersi fidati dei loro governanti.

E qui arriviamo al punto: è una colpa?

No. Se da una parte srebbe meglio avere chiara la consapevolezza delle conseguenze del proprio voto, o saper leggere tra le righe delle politiche le conseguenze a lungo termine, d'altra parte è chiaro che sulla media della popolazione non è possibile che una tale consapevolezza sia universalmente diffusa: non tutti hanno gli strumenti o la volontà per informarsi, capire, ponderare. E infatti questo non è un requisito per il voto, in democrazia.

La democrazia a suffragio universale si basa (anche) sul fatto di essere rappresentativa, ovvero su una delega ai propri rappresentanti. Laddove non vige il vincolo di mandato, ovvero nella stragrande maggioranza delle democrazie evolute, è una delega in bianco. Ricordo di aver sentito Cacciari, in una conferenza, sostenere che la dem0crazia è più o meno un potere assoluto demandato a termine: tra un'elezione e l'altra i rappresentanti eletti sono sovrani quanto un Luigi XIV.

Questo fatto porta con sè la conseguenza che se le cose vanno male, si prende e si porta a casa: non ci si può fare nulla. Di solito in quattro o cinque anni nessun governo o parlamento ha la possibilità di fare così tanti danni da non poter essere riparati.

La Grecia però pare essere un caso di malgoverno incancrenito per decenni. E allora che si fa?
Che si fa quando i danni diventano irreparabili?

In questi casi viene da pensare che non sia giusto che i politici siano sciolti da ogni mandato, ma anche da ogni responsabilità: ha senso inchiodarli al loro agire non solo politicamente (mandandoli a casa), ma anche secondo delle responsabilità penali?
Ci sono degli argomenti a favore di questa soluzione, certo. Però sta di fatto che quando vedo un politico condannato per le azioni compiute quando era in carica non penso ai Paesi civili, ma a Paesi del terzo mondo, ai dittatori, a Mohammed Morsi o a Saif al Islam Gheddafi, in questi giorni. Ci sarà un motivo.

Forse si può implementare il "recall", come si fa in alcuni luoghi, ma ciò vale solamente in casi molto particolari e specifici.

L'unica possibilità che vedo è quella di curare la formazione e il voto consapevole di cui parlavo prima, insegnando a più gente possibile a pensare in termini generali e non particolari, in termini di lungo periodo e non di promesse elettorali. Tutti antidoti al populismo, che è la malattia della democrazia universalista.
Se la società civile greca, intendo la parte buona, ha avuto una mancanza, probabilmente è stata questa: in decenni di tempo non si è costruita una vera consapevolezza.

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