giovedì 19 settembre 2013

Poco da aggiungere.

Non lo so se quanto segue sia populismo. Non mi sembra, ma correrò il rischio.

Quanto scrive Gramellini sull'intromissione dei partiti nelle nomine nelle società pubbliche è una potente verità: che ci faceva una laureata in filosofia alla guida di una grande società d'ingegneria?

Quel che non so è se sia possibile sottrarre davvero queste nomine ai partiti. Non riesco a inventare un modo. Il controllo di una società pubblica non può che fare capo - per definizione - all'autorità pubblica, quindi all'autorità politica.
Tutte le soluzioni che mi vengono in mente avrebbero come presupposto il fatto di essere aggirabili in qualche modo dai partiti, ovvero - detto in altro modo - sarebbero fondate sulla buona fede dei partiti stessi nel non aggirarle.

Non so se in Italia potrei dare per affidabile questa buona fede: temo di no. Non perché ontologicamente "siamo italiani", ma per un semplice discorso statistico sull'occorrenza di casi di nomine pilotate: una presa d'atto di un dato di fatto.

A questo punto mi risulta difficile non pensare che la soluzione più sicura sarebbe privatizzare. Conosco tutte le obiezioni al riguardo, sul costo sociale e sul fatto che le privatizzazioni "all'italiana" non mettono al riparo dal familismo e dalla politica.
Però credo che comunque le intromissioni dei partiti sarebbero meno dirette, meno automatiche, meno facili. Almeno facciamoli penare un po'...

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