martedì 26 novembre 2024

Trump, quindi

E' passato un bel po' ma non ho ancora metabolizzato il voto americano.

Ho letto varie analisi, anche interessanti, sulle cause di quel risultato. Marco Follini sulla Voce del popolo sintetizzava: la destra è brutta ma è vera, la sinistra è più aggraziata ma è finta. O almeno lo sembra.

Ma sono tutti tentativi di razionalizzare l'assurdo. Cioè, Trump. Non sto neanche a ripetere quanto sia patentemente, platealmente unfit. Come non lo è mai stato nessun governante del primo mondo (altro che Berlusconi e la famosa copertina dell'Economist).
Uno che tra lui e la gente che ha attorno non si nasconde nel dire cose eversive. Uno che è (era) indagato per motivi gravissimi, non personali (che al massimo si potrebbe dire: sono fatti suoi, magari governa bene) ma che riguardano le pubbliche istituzioni. Uno che sul rispetto delle stesse proclama le peggio cose, che le pensa a propria completa disposizione.

Mi è venuto un brutto pensiero: it's not a bug, it's a feature.

Accanto a un po' di elettori di varie motivazioni "normali" (tipo gente che ha sempre votato repubblicano), c'è una fascia per cui vincere, stare al potere, imporre le proprie idee o convinzioni "non è importante, è l'unica cosa che conta", per parafrasare un noto dirigente sportivo.

Occupare le istituzioni, i gangli, le corti, passare sopra i pesi e i contrappesi, passare sopra se serve anche ai risultati elettorali arrivando a negarli per costoro è auspicabile, per blindare la loro visione del Paese.
La mia parte e il suo prevalere come più importante del rispetto delle regole, della democrazia.
Qualche commentatore dice lo stesso per la destra sionista e religiosa israeliana: pur di avere un Israele grande e "puro" si possono mettere da parte se serve la democrazia e i diritti.
E in effetti Trump è quello della "mano libera" a Netanyahu, tutto si tiene.
Non dico che siano tutti così, eh, gli elettori trumpiani. Ma tanti, i MAGA, sì.

E in Europa?

Qui le idee si fanno più confuse. A occhio direi che no, noi non siamo su questa china così avanzata.
Però penso anche a quanto è volatile la situazione e il consenso. Leader che cavalcano l'onda per qualche mese o un paio d'anni e poi vengono sostituiti.

In Italia si sono progressivamente "incastrati" Renzi, il M5S, Salvini, vedremo la Meloni. Temo che dipenda dal fatto che siamo incagliati come sistema (Italia e Europa) e nessuno sopravvive alle proprie promesse - non inteso come promesse specifiche singole, in generale come promessa di essere quelli che sbloccheranno la situazione.

C'è da vedere chi verrà dopo questa serie di leader inconcludenti.
C'è uno spostamento a "destra" sempre più evidente dei desideri popolari su tanti temi, dall'immigrazione alle pensioni, ma le cose che vorrebbe il popolo (andare in pensione come negli anni '80, mandare gli immigrati in Albania o peggio) sono bloccate da tanti vincoli esterni, dal bilancio ai trattati.

E ho paura che il desiderio di vedere realizzate certe cose, rotta la "gabbia", porti anche qui a ritenere sacrificabili cose come lo stato di diritto. Quanto durerà, prima che una parte di elettorato ritenga il raggiungimento dei propri obiettivi prioritario rispetto al rispetto delle regole, anche quelle di base, come la separazione dei poteri o la trasparenza del processo elettorale?

venerdì 1 novembre 2024

Per un segno di speranza

Abbiamo tutti bisogno di speranza. Questo sarà il tema del Giubileo ormai prossimo.
Abbiamo bisogno di speranza per questo mondo martoriato, che si è ormai abituato alla guerra.
Si dirà: che ipocrisia, ci sono sempre state un sacco di guerre dimenticate, ora ci sono queste guerre mediatiche.
Vero. E però ci siamo abituati anche alle guerre mediatiche, non solo a quelle che non ci fanno vedere. Siamo assuefatti.

Il piccolo segno di speranza che ho trovato lo propongo nel video a questo indirizzo. La sera prima avevo assistito alla testimonianza di una cooperante che ha lavorato a Gaza. Una testimonianza con ben poca speranza, e troppe parole di contrapposizione.

Poi, giovedì scorso, una testimonianza - anzi due - di persone che non rinunciano a dire pane al pane e a individuare nell'occupazione israeliana fuori dai propri confini internazionalmente riconosciuti la causa di una situazione di conflitto e guerra che perdura da decenni e crea lutti.
Ma, detto questo, due persone che si ribellano all'odio settario, al destino di odio verso l'"altro", anche quando l'altro come gruppo è quello che ti ha ucciso il figlio.

La storia è narrata anche in un libro, Apeirogon.