Si avvicina l'anniversario della strage di piazza della Loggia, stavolta tondo. Sono 50.
Mi è capitato di leggere sulla Voce del popolo un ricordo di quella che fu la reazione del mondo cattolico, specialmente quello ufficiale. La diocesi commentò uscendo dalla stretta attualità, dalla cronaca, e portando la riflessione sul piano antropologico, parlando in termini di "spirito di Caino", di odio e intolleranza.
Fu una reazione molto criticata, anche a ragione, perché pur nell'intenzione di elevare un pensiero più approfondito, mancava di individuare esplicitamente il colpevole immediato, la matrice fascista dell'attentato.
A suo modo mi ricordano le critiche attuali a papa Francesco sulla guerra in Ucraina. Il Papa si esprime in termini assoluti contro l'orrore e l'insensatezza della guerra, che interpella maggiormente in questo periodo in cui si sono dissolte le illusioni di una facile vittoria, ma è accusato di non condannare l'aggressore.
Sia per 50 anni fa, sia per oggi, c'è del vero in queste critiche. Non ho dubbi che la chiesa bresciana e il Vaticano sappiano perfettamente chi sono gli aggressori, e li condannino per questo. Si è visto anche nella visita di papa Francesco all'ambasciata russa a inizio guerra, che capiva a chi doveva chiedere di fermarsi. Capisco anche il richiamo alla dimensione antropologica, fa bene a farlo. Bisogna però riuscire a tenere insieme le due dimensioni, se vogliamo il "contingente" o "immanente" e il "trascendente".
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