Avete presente
la vecchia massima attribuita a Voltaire "non sono d'accordo con quello
che dici, ma farò di tutto perché tu possa dirlo"?
Voltaire non era religioso, anzi.
Ma
mi sembra che questa massima sia passata, con il passare dei secoli, a
descrivere proprio l'atteggiamento della chiesa in tema religioso. O
meglio sulla libertà religiosa.
Noi cristiani
"non siamo d'accordo" con gli esponenti delle altre religioni, nel senso
che crediamo che la verità sia stata rivelata da Dio attraverso Gesù
Cristo.
Ma ci battiamo perché i fedeli di altre religioni
possano "dire la loro", ovvero possano liberamente e pubblicamente
professare la loro religione.
Abbiamo sposato, da Dignitatis humanae in avanti, la libertà religiosa.
Naturalmente
quella che ho scritto è un po' una banalità, essendo la libertà
religiosa una fattispecie della più generale libertà di pensiero (con le
sue particolarità, ma tralasciamo).
Voltaire era a favore della libertà di parola e di pensiero, e di conseguenza il suo pensiero si applica alla libertà religiosa.
Semmai,
a seconda degli accenti che si pongono anche con i vari pontificati,
nella chiesa siamo un po' più restii a una libertà di parola "interna". A
seconda delle stagioni ci sono valori più importanti, meno negoziabili,
su cui esprimere una libertà di pensiero è visto peggio.
Frutti
del fatto che la Chiesa resta comunque una struttura gerarchica, ma un
po' stride il fatto che siamo meno tolleranti all'interno rispetto
all'esterno.
Il rischio è che ci si comporti così per fare
"bella figura" con gli "altri", magari anche a buon fine, per tenere una
porta aperta in "loro" verso di "noi". Ho incontrato un meccanismo
simile quando studiavo la schiavitù: era sconsigliata per non alienare
negli schiavi la fede nella Chiesa e la possibilità di convertirli.
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