- Passiamo a quelli che ce l'hanno con i politici. Questo è un classico da almeno un quarto di secolo: Berlusconi vinceva quando non era un politico, Renzi vinceva con la rottamazione, il M5S esplode in quel senso. "Mandiamoli a casa!". Perché succede ciò? In parte per motivi deteriori: perché si crede a promesse impossibili, perché non si ha la pazienza del lungo periodo.
- Però dobbiamo anche chiederci se non ci sia un'effettiva incapacità della politica di affrontare i problemi. In fondo da 25 anni si parla sempre di lavoro, di disoccupazione giovanile, di pressione fiscale, di burocrazia. L'apparenza è che non si smuova mai nulla.
- Quindi: questi problemi sono irrisolti:
- perché sono irrisolvibili, almeno a livello nazionale: si tratta di piaghe epocali di una contingenza storica?
- perché abbiamo un problema di classe dirigente?
- perché il nostro sistema democratico e istituzionale non è più adatto a rispondere alle sfide globali? Sarkozy la pensa così - secondo me facendola fuori dal vaso, ma pone il problema.
- Probabilmente è un mix delle tre cose. Allora sarebbe il caso di pensare a qualche forma di democrazia più moderna ed efficiente della democrazia rappresentativa? In fondo il M5S fa un tentativo vago e fumoso in questo verso.
- Inoltre c'è in giro un diffuso senso di impunità. La sensazione è che i politici - che sono sotto la lente d'ingrandimento da 25 anni, dai tempi di Tangentopoli - facciano quello che vogliono e non paghino mai per le loro azioni. La Boschi, Lupi, additati come maneggioni, "non fanno nemmeno un giorno di carcere e sono sempre lì!". A mio parere queste reazioni sono esagerate: è esagerata l'attenzione che mettiamo nel vivisezionare comportamenti che ciascuno di noi utilizzerebbe ed è esagerato il giacobinismo diffuso. Però c'è, ed è vero che a volte un maggior senso di opportunità sarebbe conveniente. Non per nulla il M5S vince al grido - più ancora di "onestà!" - di "noi i nostri li buttiamo fuori".
- Fabrizio Barca al Fatto Quotidiano ha fatto una osservazione che, almeno in parte, condivido: "I cittadini delle aree trascurate, colpite da disuguaglianze e che si vedono negato un futuro, usano il voto per chiedere attenzione e per lanciare un messaggio alle élite: se noi non abbiamo un futuro non dovete averlo neanche voi."
- Detto questo, e trovate tutte queste "attenuanti" al voto populistico, è innegabile che ci sia in giro molto egoismo e un clima di odio, di rabbia diffusi. Va bene avere paura, ma - tornando al primo punto - qui al Nord molte persone non hanno ragioni pratiche per avercela con il mondo. Questo clima d'odio secondo ma ha a che fare (molto parzialmente, ma c'entra) con il bipolarismo, l'antiberlusconismo e la personalizzazione della politica. Tutti elementi divisivi. Cosa si può fare al riguardo per pacificare il Paese, come dice la CEI?
- Infine, c'è una componente di anticonformismo. Dopo il '68 essere anticonformisti voleva dire votare il PCI. Negli anni '80 andava di moda la post-ideologia dei socialisti. Negli anni '90 era anticonformista "parlar male di Garibaldi" e votare Lega Nord. Poi è stato anticonformista Renzi il rottamatore. Oggi è anticonformista essere politicamente scorretti, e quindi votare contro i partiti "responsabili".
giovedì 22 marzo 2018
Appunti sul voto (2)
Seconda parte della mia NON analisi del voto, prosegue da qui.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento