Non l'ho trovato un capolavoro come ho sentito dire. Un bel film, costruito con abile e apprezzabile mestiere nella sceneggiatura, ma anche con qualche pecca. Secondo me è un bel thriller, che mantiene la curiosità fino alla fine per la parte diciamo "gialla" della storia.
Attenzione: da qui in poi ci sono spoiler!
Anche da quel punto di vista, però, ci sono delle debolezze. Non si capisce perché sia così importante riportare a casa l'auto di Massimiliano, tanto da affidarla a uno che - se non ho capito male - non ha nemmeno la patente (Luca in un momento precedente dice che sta aspettando la maggiore età). Serena dice che bisogna spostare l'auto perché se no non si riesce a uscire, ma secondo me questo non ha senso: lei è arrivata per ultima sul luogo della festa e quindi non può certo avere la macchina bloccata.
Inoltre non mi torna l'insistenza della polizia su una possibile soluzione: non dovrebbe essere difficile verificare il racconto di Serena, che sostiene di aver trasportato Massimiliano con la sua auto (ed è vero): dovrebbe essere facile trovare tracce del ragazzo - ubriaco - sulla utilitaria, mentre la polizia ha semplicemente già deciso che la storia non è vera. Una volta verificata questa cosa le indagini avrebbero potuto ampliarsi a tutti gli invitati della festa, che invece non vengono nemmeno sentiti, a quanto pare.
Infine, mi pare abbastanza assurdo che una nativa digitale come Serena faccia l'immensa idiozia di contattare Luca via computer: è la via più tracciabile! Anche se non avesse spedito il messaggio ne sarebbe rimasta traccia nella memoria del PC, e si sa che oggi è la prima cosa che la polizia sequestra.
Comunque la parte thriller, a mio parere è quella migliore del film, e la suspence si mantiene grazie al sapiente gioco di incastri tra le varie visuali di quella serata.
Se invece il film voleva essere un film di denuncia, allora la riuscita è inferiore.
Inferiore perché ci si lascia andare ad alcuni eccessi: il personaggio di Dino è così da poco da essere poco credibile. Non un accenno di complessità, semplicemente abiezione dall'inizio alla fine: dall'arrivismo sociale all'atteggiamento verso la gravidanza della moglie, dall'ingenuità per l'investimento fatto (40% sicuro? è la gigantografia di alcuni degli investitori in Banca Etruria che ho visto sabato al Giro) alla paura per lo stesso, con tanto di desiderio di far finta che non fosse successo niente. Fino al ricatto finale, e alla pretesa di un bacio da Carla, nell'illusione di "rubare" qualcosa a quei ricchi che tanto invidia. Una persona sgradevole, che risulta inoltre macchiettistica con quell'inflessione dialettale eccessiva. La satira sociale tragicomica la sapeva fare Alberto Sordi, ma di Sordi non se ne trovano molti in giro.
Un personaggio così finisce per delegittimare anche la moglie Roberta, che non si capisce come possa assecondarlo. Valeria Golino è sempre bravissima e convincente, ma ha un ruolo troppo di secondo piano per risollevare il suo personaggio (mi ha stupito il David assegnatole, in effetti).
Il personaggio di Carla è effettivamente come la descrivono Donato e il marito Giovanni: insicura, incapace di prendersi una responsabilità, tendenzialmente debole fino all'ingenuità. Ingenua nella questione del teatro, che tratta come un altro capriccio da ricca viziata (altra esagerazione: esistono davvero i ricconi che dalla sera alla mattina possono impegnare milioni di euro per una cosa così? Capisco comprarsi lo yacht, ma aprire un teatro è una grossa complicazione). Ingenua nelle richiesta di spiegazione e di condivisione al marito, quando gli dice che lui non le dice mai nulla perché non la ritiene capace. E ne ha ben donde, a quanto pare. Mi piacerebbe sapere che cosa capisce della spiegazione che Giovanni le dà sulle scale.
A lei piace pensare di essere "pura", fuori da quel mondo, ma ha ragione il marito, quando nella scena finale le ricorda che in quel mondo c'è anche lei, e ne usufruisce appieno, l'ha sempre fatto.
E questa donna, invece di prendere atto della situazione, quando la realtà si incarica di farle capire che un capriccio da milioni di euro non può stare in piedi, organizza la sua tresca con Donato.
Il quale alla fine le fa la morale. Da che pulpito: fin dal primo approccio l'ha tacchinata apertamente, e poi alla faccia dei "grandi momenti d'amore che ci siamo scambiati" quando lei
Alla fine l'unico che fa una figura degna mi pare, a suo modo e paradossalmente, Giovanni.
L'affarista. L'unico che si comporta coerentemente con sè stesso dall'inizio alla fine: l'obiettivo è il guadagno, la competizione, e si fa in quattro per quello. In servizio permanente ed effettivo, è l'unico che non si distrae e non pensa ad esempio a trescare con qualcun altro. L'unico ad avere chiaro in che mondo vive, cosa che rinfaccia al telefono (credo) ai parenti che "fanno massaggi in India e poi quando vengono a Milano vogliono l'appartamento in via della Spiga". L'unico che, dall'inizio alla fine, si prende la responsabilità di sistemare le cose, "ora sistemo tutto". E alla fine ci riesce davvero, come aveva sempre detto. Pronto a chiedere anche al figlio di prendersi le sue responsabilità (quando gli entra la polizia in casa mi aspettavo di vedere un tentativo di accomodamento, invece Giovanni non fa nulla di tutto ciò). Capace di qualche barlume di umanità con la moglie: alla richiesta di spiegazioni di lei, non la manda a quel paese (come sarebbe legittimo, dopo una vita a mungere senza chiedere spiegazioni), ma cerca di risponderle. Mi fa piacere che l'interpretazione di Gifuni sia stata apprezzata anche dai critici, che gli hanno assegnato il David di Donatello.
Non so se fosse voluto, ma alla fine l'unico personaggio che non vuole essere qualcosa di diverso è lui. Accetta il suo ruolo di "squalo" con fare quasi fatalista, qualcuno lo deve pur fare ed è meglio se lo faccio io. Come "denuncia" non mi pare molto riuscita.
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