O meglio sullo strumento di riflessione distribuito dalla diocesi sulle future unità pastorali, che ho appena finito di leggere.
Sono rimasto favorevolmente impressionato da come la questione è stata posta: il nostro Vescovo e i suoi collaboratori sono riusciti a porre in maniera credibile e propositiva un argomento che nella vulgata non è altro che una scelta obbligata dal calo delle vocazioni.
Non si nega che questo abbia un fondo di verità, ma si invita a leggere questo stesso calo come un segno dei tempi. Legando a questo l'analisi di alcune situazioni effettivamente presenti (particolarmente convincente, secondo me, la parte che riguarda l'estensione dell'orizzonte spaziale della vita delle persone) si presenta l'opportunità delle erigende unità pastorali come una possibilità migliorativa per il futuro, anche alla luce di quanto stabilito nel Concilio Vaticano II.
Mi è piaciuta anche la attenzione a identificare le difficoltà che si possono incontrare nel cammino, difficoltà di ordine pratico (il rischio di intasare ulteriormente il calendario, gli organi, i Consigli Pastorali eccetera) e legale: il diritto canonico prevede le parrocchie, non le unità pastorali.
A questo proposito, sarà interessante capire che fine faranno le parrocchie. Nella mia testa, finora, le unità pastorali erano percepite semplicemente come delle unioni di più parrocchie piccole, affidate a un solo parroco, come già succede in molti casi nella nostra Diocesi. In effetti non capisco già adesso perché non si fondano semplicemente insieme diverse parrocchie, che oggi non hanno più senso, perché spopolate, o molto meno isolate di un tempo: probabilmente sopprimere una parrocchia è complicato dal punto di vista legale.
Comunque, applicando l'idea dell'unione di parrocchie piccole, Ospitaletto non sarebbe stato toccato. Invece l'idea è quella di fare comunque comunità di parrocchie con una "condivisione" dei preti, anche dove ci sono: ecco che rientra anche Ospitaletto (con Castegnato e Paderno).
In ogni caso, mi par di capire che ogni parrocchia avrà comunque un suo parroco di riferimento: e allora non capisco qual è la prospettiva in quelle unità create tra parrocchie piccole, ciascuna con un solo parroco (per esempio la parrocchia della mia fidanzata, Marcheno, si dovrebbe unire con Brozzo, Cesovo e Lodrino: hanno tre preti, tutti parroci, su quattro parrocchie). Un conto è una situazione come quella ospitalettese in cui essenzialmente i nostri curati saranno chiamati a farsi vedere anche altrove, ma laddove ci sono solo parroci o si va verso un "super parroco" con due-tre "curati" a girare tra le parrocchie (e allora non vedo la differenza con il fatto di fondere le parrocchie), oppure se ogni parroco deve occuparsi prevalentemente della sua comunità non vedo cosa cambi rispetto a ora.
Da noi, invece, il rischio sarà "fagocitare" le parrocchie più piccole che si aggregheranno; inoltre si prospetta un aumento del carico di lavoro complessivo: se una parrocchia piccola può pensare di far riunire meno volte il suo Consiglio Pastorale per alternare queste riunioni con quelle del Consiglio di Unità Pastorale, per esempio, una parrocchia grande ha una vita comunitaria così complessa che non può permettersi di diradare le riunioni e le decisioni da prendere, a cui quindi le questioni dell'Unità pastorale si sommeranno tout court. Una strada potrebbe essere quella di snellire in modo robusto il CPP: già da quando ne facevo parte penso che 30 persone siano decisamente troppe, 15 sarebbero più che sufficienti. Si potrebbero eleggere comunque 20 persone, tra cui poi il CPP stesso deciderà di sceglierne 5 che parteciperanno al Consiglio di Unità pastorale (uscendo contestualmente dal CPP). In questo modo gli unici oberati da un aumento effettivo di riunioni sarebbero i presbiteri. Ma loro lo fanno di lavoro...
Vedremo, intanto preghiamoci sopra.
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