venerdì 13 dicembre 2024

La pareggite

Lo scrivo oggi, dopo la vittoria sul Manchester City più in crisi da lustri.
Ecco la tabella di marcia delle "migliori" Juventus della mia memoria.

Dopo 15 giornate:

Maifredi 27 punti (ricalcolando 3 punti a vittoria), quarto a -1 dalle tre capoliste
Ferrara 30 punti, terza a -5 dall'Inter
Delneri 27 punti, terza a -6 dal Milan
Motta 27 punti, sesta a -7 dall'Atalanta

Con questo cosa voglio dire? Nulla di particolare; ricordo dopo le vittorie roboanti con Como e Verona un po' troppi entusiasmi, ma anche Ferrara partì addirittura con quattro vittorie consecutive.

Temo che qualcuno si sia fatto prendere un po' la mano, complice l'euforia per l'esonero di Allegri, che aveva certamente finito un ciclo - da molto, da troppo - e non era più sopportato dall'ambiente.

Certo, questa stagione è stravolta dagli infortuni. Per ora vive di due momenti salienti, la rimonta di Lipsia e la vittoria di mercoledì col City.
Io sono blandamente scettico su Motta (mi pare che abbia qualche difficoltà a variare piano di gioco in corsa e pure lungo la stagione, e dopo che gli avversari gli prendono le misure poi le sue squadre faticano; sia lo Spezia che il Bologna calarono abbastanza vistosamente verso fine anno), ciò nonostante ritengo questa stagione completamente non giudicabile visti gli infortuni in una rosa già corta (è inutile girarci attorno, con Bremer o senza Bremer sono due squadre diverse) e in ogni caso gli concederei una seconda chance il prossimo anno, anche se non entrasse nelle prime quattro. Sperando che i posti in Champions siano cinque...

venerdì 6 dicembre 2024

Di autonomia, poteri incrociati, contrappesi. E di democrazia

E' arrivata la sentenza della Corte Costituzionale sull'autonomia differenziata, che in pratica la svuota.

Non ho dubbi che la legge fosse scritta male, eppure qui pare proprio che il problema sia il concetto stesso di autonomia. Cito da qui:

la Corte ha escluso che le più rilevanti delle 23 materie teoricamente trasferibili alle regioni possano effettivamente essere oggetto dei negoziati per l’autonomia differenziata

A me pare che questo equivalga a sconfessare la costituzionalità stessa dell'articolo che prevede di poter delegare alle regioni forme ulteriori di autonomia su queste materie. Articolo scritto nel 2001 e mai attuato. Come se avessimo un (piccolo) pezzo di Costituzione incostituzionale...

La Corte Costituzionale in Italia è il vero potere ultimo, finale, inappellabile, più ancora del capo dello Stato. Ogni nazione ha organi di questo tipo, potremmo dire "di ultima istanza", è normale e sono necessari.
La Corte italiana decide - esprimo un parere personale - stando attenta alla lettera tecnica delle questioni ma anche all'opportunità politica. Per esempio, quando decenni fa ci fu un contrasto tra Ciampi e il guardasigilli Castelli sulla grazia a Ovidio Bompressi la Corte sentenziò dando ragione al presidente, e mettendo nero su bianco che la grazia è una prerogativa esclusivamente presidenziale. Io credo che non si valutò solo il principio, ma il caso specifico in cui il "buono" era Ciampi e il "cattivo" Castelli, che si opponeva a una grazia sensata.
Non ho dubbi che però se il presidente ne abusasse ci sarebbe qualche ricorso e, chissà, magari la Corte, interpretando lo "spirito" della Costituzione più che la lettera, sentenzierebbe contro l'abuso, a costo di smentire sé stessa dopo vent'anni.

Anche in altri ambiti a me pare che la Corte abbia preso decisioni molto "ampie", anche in direzioni diverse: in senso conservatore quando bocciò il referendum sulla cannabis, in senso progressista su alcune questioni etiche. Decisioni frutti di interpretazioni non certo letterali della Costituzione, che non parla di questi temi.

Questo è un rischio, perché può succedere quel che è successo in America sull'aborto: quando la Corte cambia atteggiamento - non intendo orientamento politico, proprio atteggiamento "tecnico", prestando più attenzione alla lettera della Carta e meno all'interpretazione - si rischia che le cose possano cambiare anche radicalmente.

Tornando al merito, recupero un po' la memoria sulla questione dell'autonomia differenziata, aiutato anche dal professor Mario Gorlani di cui ho sentito un intervento in materia qualche tempo fa.
E' un tema su cui la legge si addentrava in terra incognita, non c'era nessun criterio su cosa si potesse fare e cosa no.
Ci fu una fase in cui si pensava addirittura che l'autonomia si potesse fare senza una legge quadro ma solo con accordi bilaterali tra Roma e le singole regioni, tanto che il governo Gentiloni aveva firmato i primi accordi. Poi qualcuno nella legislatura successiva aveva pensato che fosse il caso almeno di coinvolgere il Parlamento...

Siamo passati da un governo Gentiloni che pensava di poter fare tutto in quattro e quattr'otto a una legge che già rinviava alle calende greche (per via della questione dei LEA da stabilire) per finire con una sentenza che stabilisce che sostanzialmente si può fare poco o nulla, ponendo dubbi sulla fondatezza costituzionale di quel comma inserito nella riforma del 2001.

Nel mentre, proprio in questi giorni arrivano notizie dalla Sicilia su strani mezzi di trasporto e sull'audace scontistica per chi vuol fare le vacanze di Natale nell'isola.
La sovrapposizione di temi naturalmente è casuale, ma capite che la sensazione di impotenza di fronte a questi eventuali sprechi è acuita dalla coincidenza.

Questa sensazione di impotenza è un altro sintomo di quel senso di "blocco" di cui parlavo la scorsa settimana, la sensazione di essere intrappolati in un sistema rigido di regole e vincoli che impedisce ogni scossone percepito come "liberatorio". A torto o a ragione: non credo che tutte le pulsioni verso gli scossoni siano salutari. Ma così facendo, se ogni tentativo di cambiamenti strutturali viene frustrato, cresce la voglia dell'uomo forte e la stanchezza verso i pesi e contrappesi.

Non ho idea di come il sistema democratico potrà evolvere per preservarsi e al tempo stesso rispondere alle richieste di gran parte della cittadinanza.

martedì 26 novembre 2024

Trump, quindi

E' passato un bel po' ma non ho ancora metabolizzato il voto americano.

Ho letto varie analisi, anche interessanti, sulle cause di quel risultato. Marco Follini sulla Voce del popolo sintetizzava: la destra è brutta ma è vera, la sinistra è più aggraziata ma è finta. O almeno lo sembra.

Ma sono tutti tentativi di razionalizzare l'assurdo. Cioè, Trump. Non sto neanche a ripetere quanto sia patentemente, platealmente unfit. Come non lo è mai stato nessun governante del primo mondo (altro che Berlusconi e la famosa copertina dell'Economist).
Uno che tra lui e la gente che ha attorno non si nasconde nel dire cose eversive. Uno che è (era) indagato per motivi gravissimi, non personali (che al massimo si potrebbe dire: sono fatti suoi, magari governa bene) ma che riguardano le pubbliche istituzioni. Uno che sul rispetto delle stesse proclama le peggio cose, che le pensa a propria completa disposizione.

Mi è venuto un brutto pensiero: it's not a bug, it's a feature.

Accanto a un po' di elettori di varie motivazioni "normali" (tipo gente che ha sempre votato repubblicano), c'è una fascia per cui vincere, stare al potere, imporre le proprie idee o convinzioni "non è importante, è l'unica cosa che conta", per parafrasare un noto dirigente sportivo.

Occupare le istituzioni, i gangli, le corti, passare sopra i pesi e i contrappesi, passare sopra se serve anche ai risultati elettorali arrivando a negarli per costoro è auspicabile, per blindare la loro visione del Paese.
La mia parte e il suo prevalere come più importante del rispetto delle regole, della democrazia.
Qualche commentatore dice lo stesso per la destra sionista e religiosa israeliana: pur di avere un Israele grande e "puro" si possono mettere da parte se serve la democrazia e i diritti.
E in effetti Trump è quello della "mano libera" a Netanyahu, tutto si tiene.
Non dico che siano tutti così, eh, gli elettori trumpiani. Ma tanti, i MAGA, sì.

E in Europa?

Qui le idee si fanno più confuse. A occhio direi che no, noi non siamo su questa china così avanzata.
Però penso anche a quanto è volatile la situazione e il consenso. Leader che cavalcano l'onda per qualche mese o un paio d'anni e poi vengono sostituiti.

In Italia si sono progressivamente "incastrati" Renzi, il M5S, Salvini, vedremo la Meloni. Temo che dipenda dal fatto che siamo incagliati come sistema (Italia e Europa) e nessuno sopravvive alle proprie promesse - non inteso come promesse specifiche singole, in generale come promessa di essere quelli che sbloccheranno la situazione.

C'è da vedere chi verrà dopo questa serie di leader inconcludenti.
C'è uno spostamento a "destra" sempre più evidente dei desideri popolari su tanti temi, dall'immigrazione alle pensioni, ma le cose che vorrebbe il popolo (andare in pensione come negli anni '80, mandare gli immigrati in Albania o peggio) sono bloccate da tanti vincoli esterni, dal bilancio ai trattati.

E ho paura che il desiderio di vedere realizzate certe cose, rotta la "gabbia", porti anche qui a ritenere sacrificabili cose come lo stato di diritto. Quanto durerà, prima che una parte di elettorato ritenga il raggiungimento dei propri obiettivi prioritario rispetto al rispetto delle regole, anche quelle di base, come la separazione dei poteri o la trasparenza del processo elettorale?

venerdì 1 novembre 2024

Per un segno di speranza

Abbiamo tutti bisogno di speranza. Questo sarà il tema del Giubileo ormai prossimo.
Abbiamo bisogno di speranza per questo mondo martoriato, che si è ormai abituato alla guerra.
Si dirà: che ipocrisia, ci sono sempre state un sacco di guerre dimenticate, ora ci sono queste guerre mediatiche.
Vero. E però ci siamo abituati anche alle guerre mediatiche, non solo a quelle che non ci fanno vedere. Siamo assuefatti.

Il piccolo segno di speranza che ho trovato lo propongo nel video a questo indirizzo. La sera prima avevo assistito alla testimonianza di una cooperante che ha lavorato a Gaza. Una testimonianza con ben poca speranza, e troppe parole di contrapposizione.

Poi, giovedì scorso, una testimonianza - anzi due - di persone che non rinunciano a dire pane al pane e a individuare nell'occupazione israeliana fuori dai propri confini internazionalmente riconosciuti la causa di una situazione di conflitto e guerra che perdura da decenni e crea lutti.
Ma, detto questo, due persone che si ribellano all'odio settario, al destino di odio verso l'"altro", anche quando l'altro come gruppo è quello che ti ha ucciso il figlio.

La storia è narrata anche in un libro, Apeirogon.

sabato 28 settembre 2024

Referendum sull'autonomia differenziata: una prima impressione

Con il successo della raccolta firme per il referendum sulla cittadinanza, potrebbero essere tre i referendum in programma il prossimo anno: quello sulla cittadinanza e i precedenti sul jobs act e sull'autonomia differenziata.
Onestamente credo che quello sulla cittadinanza non abbia possibilità di passare il vaglio di ammissibilità da parte della Corte Costituzionale: è scritto con un "taglia e cuci" e va a stravolgere il senso della legge che modifica.
 
Per quanto riguarda gli altri due, non mi sono ancora informato. Se non ho capito male quello che passa per "il" referendum sul jobs act sono in realtà quattro quesiti diversi, e bisognerà andare a vedere nel dettaglio.
Sull'autonomia differenziata invece si tratterebbe di una abrogazione totale della legge.
 
Per come la vedo io: l'autonomia differenziata è una possibilità costituzionale, a cui però finora non era possibile adire neanche volendo perché mancava una legge che stabilisse come fare in pratica.
Era nello stato in cui sono la regolamentazione dei partiti politici o dei sindacati, o le regioni prima del 1970: scritte nella Carta, ma mancanti di leggi attuative.
Ora la legge attuativa c'è (e, si noti, non obbliga alcuna regione a chiedere più autonomia: si può lasciare la legge e decidere di non servirsene).
Ha senso abolirla per tornare a una situazione non normata, di mancanza di legge?
La Corte Costituzionale già si è espressa sul fatto che i referendum non possono generare vacatio legis. Mi pare che sarebbe proprio questo il caso: aboliremmo l'unica legge che c'è a normare un diritto previsto dalla Costituzione.
Certo, bisogna vedere come è scritta la legge: se è scritta così male da minare altri diritti e principi costituzionali allora meglio toglierla. Mi informerò.

Allargando il discorso, mi dà fastidio che ci siano parti di Costituzione che restano inattuate e inattuabili perché la politica su rifiuta, per opportunità e opportunismo, di normarle. Vale per l'articolo 39, per il 49 e pure per il 116. Se non piace una cosa la si tolga dalla Carta, ma continuare a fare finta che non ci siano quegli articoli e fischiettare calciando la lattina più in là non è serio.
Se non si facessero elezioni, nonostante i diritti costituzionali, perché la politica non approva nessuna legge elettorale saremmo tutti sulle barricate (e infatti la legge elettorale non è abrogabile in toto via referendum).

Il razionalismo funzionalista e animalesco

Mi capita di frequentare forum di discussione in rete. Posti dove perlopiù c'è gente istruita, benestante, con buoni lavori, spesso tecnici.
L'approccio delle persone che scrivono in questi posti è tendenzialmente "razionalista". "Vulcaniano", lo chiamo io tra il serio e il faceto. Ci sono discussioni infarcite di dati, fact-checking, logica stringente e via dicendo. Politicamente c'è una percentuale sovra-rappresentata di elettori di Azione. Tutto ciò che è irrazionale, come gli oroscopi, i complottismi e via dicendo sono presi in giro. La religione è tra il bonariamente tollerato e il deriso.

Ogni tanto la discussione tocca i temi etici, in senso ampio.
Si è parlato dei costi per i funerali, e i più "razionalisti" valutavano la cosa come un costo assurdo, improduttivo.
Si commentava un articolo sulle proposte di matrimonio, e i "vulcaniani" commentavano sull'inutilità della cosa, su come sia meglio - se proprio ci si tiene - un matrimonio con zero invitati, che poi la gente si annoia, è un costo per tutti e così via.
Anche quando si parla di sesso e relazioni, la posizione è che si dovrebbero considerare cose normali, una funzione fisiologica importantissima. Si badi, non quando si parla di peccato, ci mancherebbe: anche quando si parla di gelosia. Insomma, se un partner va con un'altra persona, il suo pene o la sua vagina mica si consumano: non sta togliendo nulla al partner "ufficiale".

La razionalità è una bellissima cosa, e spesso ne siamo carenti. L'uomo è un animale razionale, sappiamo, secondo la famosa definizione.
Però l'uomo non è un animale esclusivamente razionale. E' persino irrazionale non riconoscerlo.
Questo razionalismo vulcaniano "fa il giro" e sconfina secondo me nel funzionalismo.
Ma non è l'uomo, che "funziona". Le macchine "funzionano". Gli animali, più o meno, hanno un approccio "funzionale" (in senso evoluzionistico) all'esistenza. Nelle ere si sono selezionate le varianti comportamentali che "funzionano" meglio.
Parlando di relazioni, sono i cani che fanno sesso occasionale e non fanno coppia fissa.
Parlando di defunti, una delle caratteristiche che distinguono l'uomo dagli animali è il culto dei morti. Gli animali non seppelliscono nessuno, non è nemmeno detto che "capiscano" il concetto di morte.
Persino in Civilization, per buttarla sul nerd caro ai razionalisti, una delle prime scoperte delle varie civiltà è il cerimonial burial.
L'uomo da quando esiste il mondo vive anche di "riti di passaggio". La morte è forse il rito per eccellenza, ma per moltissime culture lo sono anche il fidanzamento e il matrimonio.
Mi pare che un razionalismo spinto, esclusivo, che diventa funzionalismo finisca per disumanizzare l'uomo.

Tra l'altro questo razionalismo a volte viene meno: nelle discussioni sull'aborto, una ovvietà come il fatto che l'aborto sia sopprimere una vita umana (il feto è vivo? sì; il feto è un feto di essere umano? sì), senza che questo abbia alcuna implicazione o sottointeso riguardo alla liceità o meno (ci sono varie forme di soppressione della vita umana che sono legali, dalle guerre alla legittima difesa alla pena di morte, in alcune culture e legislazioni anche l'eutanasia), provoca solitamente nei "vulcaniani" grandi arrabbiature e grande scandalo. Si sa, i "vulcaniani" sono anticlericali, non si può prendere una posizione razionale se la sostiene la Chiesa.
Inoltre a me pare che un razionalismo funzionalista sia pericolosamente pendente verso l'egoismo. La massimizzazione della "funzione di utilità" personale spesso confligge con quella altrui. Credo di averne già scritto: la massima utilità nella salvaguardia dell'ambiente, per me personalmente, è che io faccia quello che voglio e inquini quanto voglio, mentre tutti gli altri facciano le rinunce necessarie. La massima utilità nella politica fiscale è che io paghi pochissime tasse (o le evada), tutti gli altri paghino quanto serve a far trovare a tutti (me compreso) servizi statali che funzionano.
Per superare questo egoismo bisogna includere anche gli "altri" nella "funzione di utilità", ma è un passaggio più "ideale" che razionale, specie se il singolo si trova in una posizione di privilegio a cui è difficile rinunciare per una utilità collettiva.

mercoledì 11 settembre 2024

La decostruzione dell'autorità dei medici

In questi giorni si fa un gran parlare delle aggressioni ai medici, specialmente dopo il caso eclatante di Foggia.

Io la prendo decisamente larga.
Ci sono i social, la gente che cerca su Google e crede di saperne più del medico, l'esasperazione per attese e disservizi obiettivamente pesanti, tutte queste cause "immediate".

Ma secondo me, allargando lo sguardo, questo dei medici è un tassello del fenomeno della decostruzione delle autorità in corso da almeno mezzo secolo.
Non ci fidiamo più dei medici, non ci fidiamo più degli insegnanti, né dei politici, né dei preti, e anche il ruolo dei genitori è cambiato parecchio e rischiano di essere più "amici" che l'"autorità domestica". Quei ruoli che una volta erano ipso facto ammantati d'autorità non lo sono più.

Intendiamoci, la decostruzione e contestazione dell'autorità hanno certamente lati positivi. Fanno parte del processo di democratizzazione della società. Tra l'altro sono connessi anche alla scolarizzazione, se il mio bisnonno era analfabeta e andava dal medico fidandosi ciecamente, il nonno aveva la terza elementare e ci andava col cappello in mano, oggi non è più così e tanti hanno la presunzione (qualcuno a ragione, molti a torto) di saperne quanto l'insegnante.
Ma sono processi che hanno anche un rovescio della medaglia.

Poi il prete o il politico tendenzialmente li ignoriamo, difficilmente hanno occasione di farci un torto o un danno diretto, personale.
L'insegnante o il medico possiamo percepire che ci danneggino direttamente (noi o i nostri figli) e scatta l'aggressione, verbale o fisica. E credo che i medici rischino di più, perché la rabbia per un voto del figlio è una cosa, la rabbia per la vita o la salute del figlio è tutta un'altra cosa.

Forse faccio troppa filosofia?

lunedì 12 agosto 2024

La falce dei cieli

Lettura estiva: La falce dei cieli di Ursula K. Le Guin.

Bello, bello pure questo. Veramente una grande scrittrice. Di attualità, certo. Ma anche oltre: le domande che fa sorgere sul giusto e sullo sbagliato, sul lecito e sull'illecito, sulla moralità, sono quasi archetipiche. Vanno oltre la possibilità tecnica.

Registro che anche in questo romanzo quando si tratta di creare una distopia una delle cose che saltano è, come al solito, la famiglia.

martedì 30 luglio 2024

Google Morals

Segnalo questo bel pezzo dal titolo Google Morals.

E' la descrizione del tempo che viviamo come un tempo dell'irresponsabilità. E l'irresponsabilità - il fatto che altri "pensino" per noi e si impegnino per noi - genera mostri.

L'articolo conclude parlando della perdita dell'altruismo (non lo chiama così ma è quello), ma, ancora, manca un punto: l'individualismo. Che secondo me è il punto focale della società in cui ci muoviamo in questi tempi, da almeno 50 anni a questa parte.

Ma resta una lettura molto, molto interessante: il disimpegno che crea una crisi morale, e viceversa.
E' così fuori moda parlare di etica e morale...

lunedì 22 luglio 2024

Generazione di fenomeni

La migliore della storia, probabilmente. Del ciclismo, intendo.

Come non amare questi corridori. Lo stesso Vingegaard, che tra i Pogacar, Evenepoel, Van der Poel, Van Aert era quello un po' meno "simpatico", viste le sue specializzazioni nelle corse a tappe - o meglio nel Tour - con questa annata in cui ha rivestito il ruolo di don CHisciotte in lotta contro l'avversa fortuna ha guadagnato popolarità.

Sì, lo so: il doping. C'è sempre quest'ombra.
Dipende sempre da cosa si intende per doping. Certamente questi corridori sono assistiti da medici e preparatori, mentre una persona "normale" dal medico ci va da malato. Certamente hanno accesso a metodi che sono lo stato dell'arte della ricerca sportiva.

E però io credo che, in periodo di passaporto biologico, adesso la situazione sia diversa da quella di una volta. Ci sono stati i periodi: negli anni '80 andavano gli steriodi anabolizzanti. Ricordo il caso di Delgado (1988), era l'epoca degli ormoni della Germania Est, di Ben Johnson e Linford Christie...
Poi di steroidi nel ciclismo negli anni '90 non si parlò più e si passò prima all'Epo (che non si trovava, da cui gli esami del sangue per l'ematocrito) e poi all'Epo-Cera, finché non furono messi a punto i test per queste sostanze. Ogni epoca ha il suo doping. Poi è arrivato il passaporto biologico, e credo che sia più difficile alterare il corpo con sostanze. Oggi si punta a massimizzare le capacità "naturali" del corpo con pratiche apposite anche estreme.

Parlando più in generale mi ha sempre stupito come nel ciclismo l'omertà fosse (sia? chissà) diffusissima
Dei complottismi spesso si dice: come faresti a mettere in piedi un complotto così articolato, che coinvolge centinaia o migliaia di persone, e garantire la segretezza?
Il ciclismo anni '90 era così, un sistema da centinaia di coinvolti ma di cui non si parlava e non si parla tuttora.

E tutto questo discorso per dire che io di questa generazione di fenomeni mi fido.

mercoledì 10 luglio 2024

L'individualismo di destra e di sinistra

Ho letto questo interessante articolo che commenta le elezioni francesi.

Non condivido tutto, anzi mi pare che in varie parti pecchi di un certo ideologismo manicheo che semplifica un po' l'analisi. E' vero che spesso negli ultimi anni la sinistra si è "vergognata" di presentarsi come sinistra, ma è stato anche perché costretta da una serie di vincoli al bilancio, alla responsabilità, alla "realtà", verrebbe da dire. Non so se un ritorno ad alzare il tiro non sia pericolosamente confinante con il populismo.
Ma senz'altro c'è del vero  in quel che scrive l'autore. La questione delle paure, cavalcate e non incanalate, è una cosa che si dice e si osserva spesso.

La cosa che ho trovato più interessante è che l'autore tratteggia una motivazione per un fatto che si osserva in tutta Europa: la destra ha problemi con i "quadri intermedi" della politica, con il personale di governo.
L'autore attribuisce questo fatto al leaderismo insito nella destra, che esprime una politica per cui non serve "impegnarsi" dialetticamente, basta "credere" nel capo: le destre
chiedono fede, adesione cieca, eventualmente azione immediata e violenta, non processi di “formazione” della soggettività, e infatti non hanno mai “quadri” sufficienti, in quanto si costruiscono in modo estremamente verticistico. Fino a qui elementi di analisi che ci sono ormai familiari, e che si attagliano perfettamente all’RN francese, ma anche all’insieme delle estreme destre occidentali (passando per Salvini e Meloni)
Io avevo sempre riflettuto sul fatto che - almeno in Italia - a livello comunale la sinistra è più forte, e questo fa da palestra civica per amministratori. Ma è una spiegazione parziale, che non spiega in realtà abbastanza, per almeno due motivi: perché forse confonde la causa con l'effetto (forse la sinistra ha più successo a livello locale perché sa esprimere classi dirigenti migliori, non viceversa) e perché essere sindaci o amministratori locali non vuol dire fare carriera fino ai livelli superiori della politica; anzi mi pare che questo avvenga via via più raramente. Anche tra i sindaci delle grandi città (Pisapia, Sala, tutti quelli lombardi che mi vengono in mente) non c'è un cursus honorum che porti in Regione o in Parlamento. Eccezione fu Renzi, ma una rondine non fa primavera.
 
L'autore introduce una differenza "antropologica" tra destra e sinistra in tema di classe dirigente, che mi ha fatto pensare e che io interpreto così: la destra, rispetto alla sinistra, esprime più istanze di autonomia dell'individuo dalla politica. Che siano istanze filosofiche (la libertà personale, la sussidiarietà, lo "stato minimo"), economiche ("meno Stato più mercato") o egoistiche ("basta regole e regolette") fino all'illegale (voglio poter evadere tranquillamente), se chiedo meno Stato e più individuo sono meno portato a impegnarmi nello Stato stesso, nella politica.
La sinistra invece crede nella politica come mezzo per plasmare la società, e questo richiede un impegno in prima persona, sia dialettico (per discutere su quale sia la direzione che si vuole imprimere) sia pratico (impegnarsi per far andare le cose nella direzione "giusta", cioè quella che dico io, è una cosa che può gratificare).

Si dirà: ma la sinistra si è fatta paladina di molti diritti individuali, negli ultimi decenni.
E' vero, ma se ci pensiamo questi diritti sono spesso elementi che richiedono la presenza dello Stato. Si richiedono riconoscimenti pubblici e pubblico intervento.
L'aborto non è solo una depenalizzazione di chi autonomamente trova modo di praticarlo, richiede che lo Stato si attrezzi con strutture per fornire il servizio.
Il fatto che gli omosessuali vivano insieme e pratichino la loro sessualità liberamente è garantito da decenni, quello che si vuole è un riconoscimento pubblico delle unioni: non si richiede la libertà di amar chi si vuole, si richiede che lo Stato agisca per formalizzare queste relazioni e metta in piedi una struttura per celebrarle in modo legale e registrarle.
Anche questio diritti individuali, quindi, richiedono uno Stato che fa le cose "giuste". In questo senso sono di "sinistra", pur essendo espressione di istanze individuali che hanno anche una componente individualistica, letta nella libertà di fare quello che si vuole.
 
Potrei abbozzare che l'individualismo "di destra" è libertà di fare senza che lo Stato si impicci, l'individualismo "di sinistra" è chiedere che lo Stato riconosca che quello che voglio fare io è giusto e riconosciuto.

lunedì 8 luglio 2024

L'insostenibile bella vita di massa

Metto assieme due notizie di questi ultimi giorni, questa sui dazi europei sulle auto e batterie cinesi e questa sulle proteste contro il turismo di massa a Barcellona.

La Cina tiene artificialmente bassi i prezzi dell'elettrico con sussidi statali, e quindi come Europa introdurremo dazi contro questa concorrenza sleale. L'effetto sarà che il prezzo al consumatore salirà. Non so se è una grande idea, se vogliamo spingere (e vogliamo, da Green Deal) sulla mobilità elettrica.

A Barcellona, ma non solo, si lamentano i danni del turismo eccessivo, specie dopo l'esplosione delle piattaforme per affitti brevi. Questi hanno provocato il crollo delle disponibilità in affitto per residenti e un generale aumento del costo dell'abitare nelle città turistiche (Barcellona, Venezia ma anche Bologna).

A prima vista sembra che la massificazione di cose buone (il turismo culturale, la mobilità libera con l'auto, ma anche i voli low-cost) sia non sostenibile.
Mettere limiti agli affitti brevi vuol dire limitare l'offerta, e quindi far crescere i prezzi dei pernottamenti.
Se i voli inquinano troppo, limitarli vuol dire renderli elitari.
Passare alla mobilità elettrica vuol dire fare costare di più le auto, a maggior ragione con i dazi.

È come se tante cose belle non potessero essere di massa.
È il solito discorso per cui lo stile di vita occidentale non è sostenibile da tutto il mondo, ma portato all'interno dell'Occidente: è come se lo stile di vita di quelle che una volta erano solo le élite (vacanze all'estero, lunghi viaggi, turismo non solo nella colonia elioterapica sull'Adriatico) non fosse ampliabile pena la non sostenibilità.

È un pensiero triste.

domenica 16 giugno 2024

Botte al Parlamento

Brutto episodio, a metà tra un film di Vanzina e di Bud Spencer e Terence Hill.

In generale, la reazione della destra ogni volta che si canta Bella ciao mi pare eccessiva. Considerato che tra l'altro in origine era un canto molto poco politico (i comunisti cantavano altro, a partire dall'Internazionale), la cosa più furba che potrebbero fare sarebbe appropriarsene. Cantarla pure loro, farla partire nei comizi, magari con qualche riferimento alle invasione straniere di ieri e di oggi e cose così.

Sulle botte, dirò che secondo me non è una cosa terribile. Indica quanto è irascibile questo tal Iezzi, ma non è una cosa che intimidisce l'opposizione (anzi) o che mette in pericolo la democrazia. Finché resta un episodio isolato - e voglio dare per scontato che sia così - siamo dalle parti dello sventolar mortadella: una cafonata che non dovrebbe succedere e che dice molto di chi la fa, non un attentato alla democrazia.

Più grave inneggiare alla X Mas, a mio parere. Questo va oltre il classico "Mussolini ha fatto anche cose buone", la X Mas è inequivocabilmente legata alla fase filonazista del fascismo e alla RSI, quella fase che in teoria anche la destra annovera (e ci mancherebbe) tra gli errori del fascismo.

Allargando lo sguardo, la questione è la stessa che emerge a ogni 25 aprile: essere "non antifascisti" e pensare bene del fascismo tranne per qualche errore è una posizione legittima?
A livello personale sì, c'è libertà di opinione.
A livello politico pure, ci sono le sentenze che ammisero il MSI come partito legittimo, e aveva queste posizioni, o anche più esplicite.
Cosa succede quando queste posizioni vanno al governo? Vanno "nascoste" per opportunità? O se erano legittime prima restano legittime anche da parte di ministri e cariche istituzionali?

Questo fermo restando, come ho già scritto, che la X Mas è oltre "penso benino del fascismo".

mercoledì 5 giugno 2024

Le elezioni europee, ancora

Eh sì, ancora.
Ogni volta si sentono discorsi simili: l'Europa è percepita come lontana, e invece è importante. C'è una mancanza di democrazia, e il Parlamento conta troppo poco. Bisognerebbe parlare di temi europei, e però nessuno lo fa*.

A questa tornata c'è la vaga possibilità di avere una maggioranza di destra nel Parlamento. Situazione più paventata che reale, secondo me: i sondaggi continentali danno numeri ben diversi, senza contare le incompatibilità tra liberali, popolari e grandi pezzi di destra. Non la Meloni, lei no, ha saputo costruirsi un profilo affidabile, ma tra Macron e Le Pen, tra Tusk e PiS non c'è compatibilità. Senza Le Pen, Orban e simili la destra non ha i numeri, ma con loro non c'è possibilità di alleanza, quindi alla fine l'unica via sarà ancora la grande coalizione.

Per fortuna, dicono in tanti. Se non che così si ritarda ancora una politicizzazione dell'Europa, passo inscindibile dall'aumento di rappresentatività. Se il governo è sempre in mano agli stessi, da sempre, popolari, liberali e socialisti, cosa votiamo a fare?
Ho sentito discorsi simili da un oratore normalmente bravo come Emilio Del Bono, che prima ha stigmatizzato la poca rappresentatività democratica dell'Europa e poi a distanza di cinque minuti ha detto che "per fortuna" Francia e Germania non accetteranno di vedere una commissione con Orban o le Pen.

La situazione è stabile ormai da molti anni, il trattato di Lisbona è del 2007 e la struttura europea da allora è quella.
Quando leggo i programmi delle forze europeiste, quale anche io mi sento, trovo poca concretezza. Si parla di abolire il meccanismo dell'unanimità, ad esempio.
Col senno di poi è stato un errore non cambiare le regole prima di allargarsi così tanto. Se sei in 6 l'unanimità ha un senso, se sei in 12 un po' meno, se sei in 27 ha completamente un altro significato, è un diritto di veto.
 
E però rinunciare all'unanimità in 6, o anche in 12 ancora omogenei, avrebbe voluto dire per i grandi Paesi poter essere scavalcati. Ce la vediamo la Francia o la Germania accettare di essere messi in minoranza?
Questo vale anche oggi: io non sono così convinto che davvero all'atto pratico siano tutti così convinti di rinunciare all'unanimità tranne il cattivo Orban. Penso che spesso avere chi si assume il ruolo di bloccare una cosa piuttosto che l'altra permette ad altri Paesi di non esporsi.
 
In generale, è anche per questo che non mi convincono i discorsi di partiti come Azione o Renzi/Bonino**. Bene le intenzioni, ma secondo me bisogna impegnarsi per fare funzionare l'Europa così come è adesso, con strutture e meccanismi che sono noti e stabili ormai da lustri, perché non ci sono possibilità verosimili di cambiare le cose nei prossimi 5 anni.
 
Meccanismi che non hanno impedito di fare tante cose insieme, dal PNRR al Green Deal al sostegno all'Ucraina. L'Europa in questi anni ha aumentato la sua influenza e continua a deliberare, a imporsi come un elemento di fatto dirimente delle nostre politiche nazionali. Si può continuare così, facendo dei passi avanti anche in quest'Europa imperfetta.
 
* Ho sentito parlare spessissimo di sanità, per esempio, in questa campagna elettorale; tanto che Giorgia Meloni si è sentita in obbligo di fare un decreto ad hoc proprio in questi giorni pre-elettorali. Portata su un tema, il welfare, che non è il suo, e quindi sulla difensiva, che è un po' una novità per le opposizioni; ma certo non un tema europeo: è un tema nazionale, anzi regionale.
 
** Volendo fare gli avvocati del diavolo, tra l'altro, quei partiti - se supereranno la soglia di sbarramento - confluiranno in Renew a trazione macronista. Io non ce lo vedo Macron (e la Francia in generale) a rinunciare al diritto di veto e a una UE a guida francese.

sabato 18 maggio 2024

Da piazza della Loggia all'Ucraina

Si avvicina l'anniversario della strage di piazza della Loggia, stavolta tondo. Sono 50.

Mi è capitato di leggere sulla Voce del popolo un ricordo di quella che fu la reazione del mondo cattolico, specialmente quello ufficiale. La diocesi commentò uscendo dalla stretta attualità, dalla cronaca, e portando la riflessione sul piano antropologico, parlando in termini di "spirito di Caino", di odio e intolleranza.

Fu una reazione molto criticata, anche a ragione, perché pur nell'intenzione di elevare un pensiero più approfondito, mancava di individuare esplicitamente il colpevole immediato, la matrice fascista dell'attentato.

A suo modo mi ricordano le critiche attuali a papa Francesco sulla guerra in Ucraina. Il Papa si esprime in termini assoluti contro l'orrore e l'insensatezza della guerra, che interpella maggiormente in questo periodo in cui si sono dissolte le illusioni di una facile vittoria, ma è accusato di non condannare l'aggressore.

Sia per 50 anni fa, sia per oggi, c'è del vero in queste critiche. Non ho dubbi che la chiesa bresciana e il Vaticano sappiano perfettamente chi sono gli aggressori, e li condannino per questo. Si è visto anche nella visita di papa Francesco all'ambasciata russa a inizio guerra, che capiva a chi doveva chiedere di fermarsi. Capisco anche il richiamo alla dimensione antropologica, fa bene a farlo. Bisogna però riuscire a tenere insieme le due dimensioni, se vogliamo il "contingente" o "immanente" e il "trascendente".

domenica 28 aprile 2024

Responsabilità nella libertà

La libertà va meritata, va guadagnata e chi la chiede e la esige - singoli, partiti e popoli - deve mostrare di saperla usare, di essere maturo, altrimenti si prepara fatalmente catene più pesanti di quelle da cui si voleva liberare.

In vista del 25 aprile ho letto i Quaderni del Ribelle, i piccoli saggi che accompagnavano il giornale partigiano delle Fiamme Verdi.
Credo di averlo già scritto, perché dopo qualche anno mi ripeto: mi ha sempre colpito, durante la mia visita al museo della Resistenza in via Tasso a Roma, la stanza della stampa clandestina. Dove si trovavano, insieme alle notizie, agli appelli, alle denunce, anche editoriali che pensavano la società di domani, propugnando un sistema piuttosto che un altro.

In questo filone si inseriscono i Quaderni. Che per alcuni versi risentono della temperie - anche culturale e religiosa - in cui furono scritti (nei riferimenti a Dio e alla legge naturale, a un certo tomismo che era l'insegnamento principale delle scuole cattoliche), ma che per altri versi sono attualissimi.
Attualissimo è il richiamo alla responsabilità nella libertà, una responsabilità liberamente scelta da persone ad essa educate.

Vaste programme, per citare De Gaulle...

venerdì 5 aprile 2024

Dimmi la verità ortodossa

Qualche settimana fa ho partecipato al corso sull'ecumenismo promosso dalla diocesi.
Quest'anno il tema era l'ortodossia.
Uno dei docenti aveva suggerito il libro Dimmi la verità, di Sviatoslav Shevchuk (primate della chiesa greco-cattolica ucraina) e Paolo Asolan.
Avendo già conosciuto e apprezzato Paolo Asolan come mio docente al corso di dottrina sociale della Chiesa della fondazione Centesimus Annus, ho recuperato il libro.

Ne è decisamente valsa la pena. Una lettura molto impegnativa, perché densissima, il libro affronta tantissimi temi tutti pregnanti. Ma gli spunti sono infiniti. Il mondo ortodosso, eppure in unione con Roma, la storia dell'Ucraina, la guerra (non quella che abbiamo in mente, il libro è del 2018, ma le pagine sembrano scritte ora); le "eresie dell'amore"; il senso della vita come preparazione alla vita futura; la tradizione e l'inculturazione.

Lo ho letto persino troppo velocemente, andrebbe digerito a piccole dosi.

Lettura molto consigliata.

domenica 24 marzo 2024

Neemia, il sionista moderato

Ieri sono stato al momento di spiritualità proposto dalla Diocesi per le persone impegnate nel sociale e nella politica.

Don Flavio Dalla Vecchia ha tenuto un intervento su Neemia ed Esdra (che scopro essere un unico rotolo per gli ebrei). E' stata una piacevole sorpresa: don Flavio ha spiegato che la situazione di Israele dopo la cattività babilonese ha forti parallelismi con quella del Novecento.

La potenza egemone dell'area dà agli ebrei il permesso al ritorno nella terra di Palestina, laddove però gli ebrei trovano altre popolazioni lì stanziate.
La decisione di Ciro e dell'impero persiano come la dichiarazione Balfour e l'impero britannico.

Gli ebrei sono entrati tre volte in Palestina.
La prima con Abramo, da pellegrini. Abramo non possedeva altra terra che quella della sua tomba, che aveva acquistato.
La seconda con Mosè e Giosuè, da conquistatori e sterminatori di popoli.
La terza con Neemia ed Esdra, dove il ritorno è attuato con trattative e senza spargimenti di sangue, anche se con la separazione netta tra Israele e gli altri popoli.

Ogni parallelismo con la modernità è voluto.

mercoledì 13 marzo 2024

Voltaire, o della tolleranza religiosa

Avete presente la vecchia massima attribuita a Voltaire "non sono d'accordo con quello che dici, ma farò di tutto perché tu possa dirlo"?
Voltaire non era religioso, anzi.
Ma mi sembra che questa massima sia passata, con il passare dei secoli, a descrivere proprio l'atteggiamento della chiesa in tema religioso. O meglio sulla libertà religiosa.


Noi cristiani "non siamo d'accordo" con gli esponenti delle altre religioni, nel senso che crediamo che la verità sia stata rivelata da Dio attraverso Gesù Cristo.
Ma ci battiamo perché i fedeli di altre religioni possano "dire la loro", ovvero possano liberamente e pubblicamente professare la loro religione.
Abbiamo sposato, da Dignitatis humanae in avanti, la libertà religiosa.

Naturalmente quella che ho scritto è un po' una banalità, essendo la libertà religiosa una fattispecie della più generale libertà di pensiero (con le sue particolarità, ma tralasciamo).
Voltaire era a favore della libertà di parola e di pensiero, e di conseguenza il suo pensiero si applica alla libertà religiosa.

Semmai, a seconda degli accenti che si pongono anche con i vari pontificati, nella chiesa siamo un po' più restii a una libertà di parola "interna". A seconda delle stagioni ci sono valori più importanti, meno negoziabili, su cui esprimere una libertà di pensiero è visto peggio.
Frutti del fatto che la Chiesa resta comunque una struttura gerarchica, ma un po' stride il fatto che siamo meno tolleranti all'interno rispetto all'esterno.
Il rischio è che ci si comporti così per fare "bella figura" con gli "altri", magari anche a buon fine, per tenere una porta aperta in "loro" verso di "noi". Ho incontrato un meccanismo simile quando studiavo la schiavitù: era sconsigliata per non alienare negli schiavi la fede nella Chiesa e la possibilità di convertirli.

venerdì 8 marzo 2024

8 marzo pacifista

Oggi, 8 marzo, propongo la lettura di questo articolo di Avvenire. E' di un anno fa, ma resta sempre valido.
Parla di tre donne che lottano contro la guerra, ciascuna nel proprio Paese.

Olga Karach, bielorussa, femminista, pacifista, è rifugiata in Lituania in quanto "nemica" del regime di Lukashenko. La Lituania purtroppo le ha negato l'asilo politico, pur rinnovando per fortuna il visto per due anni.

Olga vive in esilio a Vilnius perché in patria l’attende una condanna a morte, ma si è vista rifiutare la domanda di asilo politico e protezione presentata un anno fa al governo della Lituania. La motivazione, incredibile, è che la Karatch rappresenterebbe “una minaccia per la sicurezza nazionale della Repubblica di Lituania”.

Kateryna Lanko appartiene al Movimento pacifista ucraino e difende il diritto all'obiezione di coscienza.

«Tanti ucraini vorrebbero aiutare il paese, ma non con la violenza. C’è da aiutare tanta gente, dagli anziani soli a chi ha perso la casa, però non ci sono alternative all’arruolamento». L’Ucraina prevedeva l’obiezione di coscienza solo per motivi religiosi di 10 confessioni. Non altre e non per motivi etici. [...] Poi la legge marziale ha sospeso anche quel limitato diritto a obiettare. «Abbiamo presentato ricorso contro la condanna del primo obiettore in guerra, Vitaly Alekseienko, cristiano evangelico del Donetsk. Ma almeno altri 200 giovani - spiega la pacifista ucraina - sono a rischio.»

Darya Berg è russa. Per motivi di sicurezza non vive in patria, ma continua ad aiutare obiettori e disertori.

«Il nome della nostra ong, Go by the forest [...] in russo è un insulto, “Vai a... quel paese”, rivolto al nostro governo, ma anche un invito ai nostri soldati a nascondersi, obiettare, disertare. Aiutiamo chi non vuole combattere. Ci scrivono su Telegram, diamo assistenza legale, aiuto per trovare asilo e espatriare. Sabotiamo la chiamata alle armi, perché meno persone possibile premano il grilletto per Putin».

Le tre donne hanno fatto un tour insieme in diverse città italiane, toccando anche Brescia.

Olga Karach è tornata da pochi giorni nel nostro Paese perché le è stato conferito qualche giorno fa a Montecitorio il premio Alexander Langer 2023. Nonostante ciò il rifiuto di concederle asilo politico mostra che la sua attività disturba anche nel campo europeo.

 

domenica 18 febbraio 2024

Analisi del testo

 

Articolo di Bresciaoggi di ieri.
Facciamo un po' di analisi del testo.

Il direttore Asst Cajazzo scrive:

[...] Nel documento erano previste a carico di Asst, relativamente alla superficie occupata e non all'intero immobile, la manutenzione ordinaria e la possibilità di realizzare, per i locali occupati, eventuali opere di manutenzione straordinaria, da concordare con l'ente locale.

Io leggo che secondo l'Asst è:

  • manutenzione ordinaria: a carico di Asst;
  • manutenzione straordinaria: da discutere.

Il sindaco Trecani:

[La precedente giunta] si è presa in carico l'intero costo delle manutenzioni ordinarie e straordinarie per circa 35mila euro per vent'anni, senza prevedere alcun rimborso a favore del Comune da parte di Asst.

Qui leggo che secondo il sindaco Trecani il protocollo Sarnico era:

  • manutenzione ordinaria: a carico del Comune;
  • manutenzione straordinaria: a carico del Comune.

Sempre Trecani:

[il nuovo contratto dice che] Le spese necessarie all'uso della Casa di comunità e quelle per l'ordinaria manutenzione sono a carico di Asst, mentre quelle straordinarie sono di competenza comunale.

Qui io leggo:

  • manutenzione ordinaria: a carico di Asst;
  • manutenzione straordinaria: a carico del Comune.

Quindi mi pare che ci siano scritte tre condizioni diverse.
Ciò nonostante, in cima all'articolo c'è scritto:

Il contratto di comodato d'uso [...] sottoscritto ad agosto "ricalca il contenuto del protocollo d'intesa sottoscritto ad aprile 2022 dall'esecutivo guidato dal sindaco Giovanni Battista Sarnico".

E mi chiedo: come è possibile che il protocollo sia lo stesso, se nell'articolo ci sono tre versioni differenti?

Mi pare una domanda che avrebbe dovuto porsi anche il giornalista. O qualcuno non la racconta giusta, o c'è qualche imprecisione o incompletezza nell'articolo. Sospetto che sia così e che la questione sia legata ai dettagli sulle varie parti dell'immobile a cui si fa riferimento, ma dall'articolo non si capisce assolutamente.

E in ogni caso, prendendo per buona l'ultima citazione, cioè che i contratti di Sarnico e Trecani siano identici, allora la domanda diventa: come è possibile che l'opposizione accusi la maggioranza di aver peggiorato il contratto e la maggioranza rivendichi al contrario di averlo migliorato?

 

venerdì 9 febbraio 2024

RIP Alfredo Castelli

Alfredo Castelli condivideva con Martin Mystère la curiosità, la logorrea, la tendenza alla divagazione. Lo diceva lui stesso. E, aggiungo io, il talento nell'affabulazione.

Vorrei avere la capacità di essere logorroico, di parlare di tutto, di affabulare nello scrivere un ricordo di un fumettista (e non solo) così geniale.

Ma non li ho. Non ho parole.

Sono solo molto, molto dispiaciuto. Molto, molto grato. E molto ammirato per il talento dimostrato da Alfredo Castelli nella sua opera.
"Tardi ti ho amato", e mi spiace di non aver conosciuto prima Martin Mystère. Sarebbe stato diverso conoscerlo nel tempo dell'adolescenza, quando si formano le passioni e le si vivono in modo più intenso. Ma per fortuna il BVZM resta. Restano gli arretrati, gli sterminati archivi, ed è ben vivo il personaggio. Spero che Carlo Recagno ci metta una grossa mano, mi fido del suo operato ed ha uno stile che mi piace.

martedì 6 febbraio 2024

Povero Oscar

Ho terminato di vedere, su RaiPlay, Scugnizzi per sempre.

Non so se è una questione di nostalgia, probabilmente sì per la mia età e l'atmosfera generale, ma anche no perché gli eventi descritti risalgono a un'epoca di cui non ho moltissima memoria, poiché ero troppo giovane per seguire con competenza le vicende sportive.

Mi è piaciuto molto. Leggo che anche le recensioni di esperti sono positive, mi fa piacere.
La vicenda di Oscar è struggente. Come si fa a non simpatizzare per lui? Un re senza corona, come succede a volte.

Vedo che su RaiPlay ci sono parecchi documentari, anche di ambito sportivo, e avevo letto lodi all'operato della redazione di Rai Documentari diretta da Fabrizio Zappi*. Il canone serve a qualcosa. Mi piacerebbe avere il tempo di guardarne qualcuno, ma tant'è, resteranno lì nei server di viale Mazzini a prendere polvere...
* dato in quota Lega... potrebbe essere un raro esempio di classe dirigente che funziona.

 

venerdì 2 febbraio 2024

Sussidiarietà alla prova pratica

Si è molto detto, commentato e scritto sulla situazione della Fondazione Serlini. Una brutta storia, da qualsiasi parte la si guardi.

Una brutta storia per il fatto in sé – si sarebbe dovuto fare di tutto per non mettere in contrasto, persino legale, due attori fondamentali dell’assistenza sociale agli anziani, il Comune e il ricovero –, per i toni esacerbati come sembra ormai la regola anche fuori dal Consiglio Comunale (di cui avevo già scritto e che ormai purtroppo dò per perso), per l’incapacità di tutte le parti di fare un passo indietro per il bene comune, anche se magari convinti di avere ragione. Invece abbiamo assistito a uno scontro in cui le parti sono andate anche oltre il loro mandato e le loro prerogative pur di avere ragione.

Ora la situazione sarà risolta con il tempo, che porterà a naturale scadenza in ogni caso il vecchio consiglio d’amministrazione, e con gli avvocati.

Ma una cosa forse è stata notata di meno. E’ stata data una botta alla partecipazione, già moribonda.
In campagna elettorale le liste hanno osservato tutte quante la difficoltà a coinvolgere le persone, banalmente a trovare qualcuno che si metta a disposizione. Ora è il momento di rinnovare il consiglio di amministrazione della RSA, e tra le molte associazioni di volontariato componenti la Consulta, che dovrebbero esprimere due nomi, non si sono trovate le due disponibilità.

Avere organismi di partecipazione attivi, pensanti, funzionanti, anche se non dipendenti direttamente dall’amministrazione comunale è una ricchezza per il paese, non è solo una prerogativa degli statuti. Gli organismi intermedi, termine così desueto e così caro alla dottrina cristiana, sono linfa della sussidiarietà che può introdurre le persone alla cura della cosa pubblica, o della casa comune (in un altro senso rispetto a quello che va per la maggiore). Tra questi organismi ci sono le associazioni, certamente, ma anche gli organismi a metà tra il pubblico e il civico. Penso al CdA della RSA Serlini, ma anche alla commissione della biblioteca o agli organi della Protezione Civile.

Intervenire su questi organismi intermedi con una specie di spoil system riduce gli spazi di sussidiarietà e, in prospettiva, rischia di inaridire ulteriormente la vita pubblica, già non proprio lussureggiante.