Si è molto detto, commentato e scritto sulla situazione della Fondazione Serlini. Una brutta storia, da qualsiasi parte la si guardi.
Una brutta storia per il fatto in sé – si sarebbe dovuto fare di tutto per non mettere in contrasto, persino legale, due attori fondamentali dell’assistenza sociale agli anziani, il Comune e il ricovero –, per i toni esacerbati come sembra ormai la regola anche fuori dal Consiglio Comunale (di cui avevo già scritto e che ormai purtroppo dò per perso), per l’incapacità di tutte le parti di fare un passo indietro per il bene comune, anche se magari convinti di avere ragione. Invece abbiamo assistito a uno scontro in cui le parti sono andate anche oltre il loro mandato e le loro prerogative pur di avere ragione.
Ora la situazione sarà risolta con il tempo, che porterà a naturale scadenza in ogni caso il vecchio consiglio d’amministrazione, e con gli avvocati.
Ma una cosa forse è
stata notata di meno. E’ stata data una botta alla partecipazione, già
moribonda.
In campagna elettorale le liste hanno osservato tutte quante
la difficoltà a coinvolgere le persone, banalmente a trovare qualcuno
che si metta a disposizione. Ora è il momento di rinnovare il consiglio
di amministrazione della RSA, e tra le molte associazioni di
volontariato componenti la Consulta, che dovrebbero esprimere due nomi,
non si sono trovate le due disponibilità.
Avere organismi di partecipazione attivi, pensanti, funzionanti, anche se non dipendenti direttamente dall’amministrazione comunale è una ricchezza per il paese, non è solo una prerogativa degli statuti. Gli organismi intermedi, termine così desueto e così caro alla dottrina cristiana, sono linfa della sussidiarietà che può introdurre le persone alla cura della cosa pubblica, o della casa comune (in un altro senso rispetto a quello che va per la maggiore). Tra questi organismi ci sono le associazioni, certamente, ma anche gli organismi a metà tra il pubblico e il civico. Penso al CdA della RSA Serlini, ma anche alla commissione della biblioteca o agli organi della Protezione Civile.
Intervenire su questi organismi intermedi con una specie di spoil system riduce gli spazi di sussidiarietà e, in prospettiva, rischia di inaridire ulteriormente la vita pubblica, già non proprio lussureggiante.
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