Alla morte di un papa è normale fare dei bilanci.
Papa Francesco lascia, secondo me, una impronta dottrinale forte, la Laudato si', una impronta pastorale ben visibile ma non so se altrettanto forte e una eredità problematica.
Cominciamo dalla Laudato Si'. Prima di essa non c'era una sistemazione organica del tema ecologico nella dottrina sociale della Chiesa. Francesco inoltre non ha solo parlato di ecologia, cosa che si sarebbe potuta fare in molti modi, ma ha legato il tema a un'impostazione complessiva, quella dell'ecologia integrale, che unisce ("tutto è connesso") la tematica ambientale a quella sociale e pure a quella etica. Un mondo che genera "scarti" tra le persone, tra i bambini non nati, non può non generare scarti anche nell'ambiente. La cosa assomiglia parecchio alla connessione che fece madre Teresa di Calcutta quando nel discorso di accettazione del Nobel parlò dell'aborto come maggiore minaccia alla pace.
Questa impostazione di condanna dello scarto e della sopraffazione di uomini su altri uomini si è tradotta in una forte attenzione pastorale per le periferie, per i poveri, per gli immigrati. Anche a livello episcopale le nomine hanno seguito questa attenzione, e mi pare che oggi le diocesi siano più impostate, nella loro attività, verso questi richiami "sociali" (che purtroppo spesso sono un po' gli unici che rimangono a livello mediatico, ma è sempre papa Francesco che ci ricorda che "la Chiesa non è una ONG"). Non sono convinto che questa attenzione sarà prioritaria in maniera definitiva, ho la sensazione che una parte della Chiesa l'abbia un po' subita.
Si tratta infatti di una sensibilità marcatamente "di sinistra", e si vede bene quando questa è trasferita all'economia. Un'altra espressione ad effetto di Francesco è quella che parla di "un'economia che uccide". Francesco era probabilmente l'ultimo critico del capitalismo, sistema ormai trionfante in tutto il mondo e dato per presupposto sia in sistemi liberali che nelle dittature. E' come se la famosa "fine della storia" di Fukuyama, che tutti ormai hanno riconosciuto come un abbaglio, per il sistema economico sia invece effettivamente avvenuta.
E qui veniamo alla considerazione "politica" del suo pontificato. La parte sociale ed economica è stata certamente di "sinistra", anche se oggi la sinistra occidentale si qualifica più per i temi etici e i cosiddetti "diritti civili", su cui il papa è rimasto saldo alla dottrina, e quindi di "destra". Marx inorridirebbe, visto che Bergoglio si è trovato ben più a sinistra della sinistra occidentale sulla "struttura", ma tant'è, viviamo in tempi strani.
E questa collocazione è stata il problema di Bergoglio come di Paolo VI.
Non
è vero che sono stati espressione della fazione più "di sinistra" della
Chiesa. Ci sono molte posizioni più "di sinistra" nella chiesa,
dai teologi della liberazione ieri alla conferenza episcopale tedesca
oggi fino a gente con un piede dentro e uno fuori come Noi siamo Chiesa.
Al massimo Bergoglio e Montini sono stati espressione delle posizioni più "di sinistra" che fossero anche papabili.
Però
le loro aperture di inizio pontificato sono state prese al volo dai
progressisiti più progressisti per cercare di tirare acqua al mulino di
posizioni più avanzate di quelle effettivamente espresse dal papato, da
qui la percezione "più di sinistra" che poi è stata inevitabilmente frustrata ma che ha creato un'etichetta.
Con
Montini ci riuscirono abbastanza (la riforma liturgica è andata molto
oltre quelli che erano gli auspici vaticani), con Bergoglio meno ma
creando comunque un gran movimento centrifugo.
Il sinodo sull'Amazzonia
negli auspici di molti doveva essere il grimaldello per ridiscutere il
sacerdozio, il celibato e il diaconato femminile, ma partorì un
topolino; la questione della conferenza episcopale tedesca non è ancora
rientrata, e comunque ci sono anche molte altre conferenze episcopali
che fanno di testa loro, non solo in senso conservatore ma anche su questioni come matrimoni gay o comunione alle persone in condizione irregolare.
Quindi Paolo VI e Francesco, che avevano iniziato il pontificato all'insegna dell'accoglienza e del dialogo con il mondo (che dal loro punto di vista, sono sicuro, era in perfetta buona fede un'accoglienza forti delle proprie certezze: "tu interlocutore sentiti accolto, curato, ascoltato, poi man mano capirai la profondità dell'amore di Cristo che si traduce nell'insegnamento della Chiesa") hanno passato la seconda
metà del pontificato a cercare di chiudere il recinto dopo le fughe in
avanti di alcuni, che hanno interpretato questa accoglienza come una riforma dottrinale. Paolo VI non ci riuscì, Bergoglio ha cercato di
ricentralizzare parecchie decisioni ma le conferenze episcopali
nazionali create dopo il Concilio ormai hanno una autonomia spiccata e
camminano comunque con le proprie gambe.
Per questi motivi il conclave prossimo è il più importante da quelli del
1978, quando ci si trovava a dover trovare un Papa che potesse gestire
una situazione che stava sfuggendo di mano con molte spinte centrifughe.
Il conclave del 2005 era "telefonato", quello del 2013 fu improvviso e
le fazioni non si erano "preparate". Adesso sono anni che c'è chi lavora
dietro le quinte.
Con tutto che la strada dell'autonomia locale, nazionale, persino diocesana secondo me è comunque abbastanza segnata.
Si è visto anche nella questione del sinodo della chiesa italiana, dove la votazione dell'assemblea ha bocciato la sintesi scritta dai vescovi. Ci sono movimenti centrifughi di difficile gestione: la Chiesa non è una democrazia, e voglio vedere se questo fatto della votazione da parte di assemblee allargate si ripeterà; queste spinte richiedono risposta; e però se le Conferenze nazionali devono dare queste risposte perché più vicine ciascuna alla loro "base", in Vaticano la sinodalità è stata progressivamente accantonata. Bergoglio ha proposto numerosi "commissariamenti" di ordini e enti e ha imposto dall'alto alcune novità anche agli ordini monastici, si dice malviste.
Ma ormai i processi sono stati avviati, per usare un'altra espressione cara a papa Francesco. I migliori auguri - o meglio, le migliori preghiere allo Spirito - perché il prossimo Papa avrà davanti un compito di mediazione assai arduo.