Riprendo il discorso iniziato nell'ultimo post, quando concludevo parlando del diritto a sostenere tesi errate.
Mi sono spesso chiesto se esista questo diritto, e soprattutto se sia assoluto.
La prima volta che feci una riflessione al riguardo fu quando nel 2005 in Austria fu imprigionato il noto negazionista David Irving. L'Austria ha leggi anti-negazioniste che prevedono la reclusione per chi nega l'Olocausto. E' giusto?
Di nuovo l'argomento è tornato d'attualità per le frasi di Borghezio di questi giorni, dopo la strage norvegese, in cui l'esponente leghista diceva che al netto della violenza molte delle idee dell'attentatore sarebbero condivisibili (e in effetti chi venisse da Marte e leggesse gli scritti di Breivik e della Fallaci non so quanta differenza troverebbe, oltre allo stile) .
Borghezio è lo stesso che un paio di mesi fa ha detto di ritenere Mladic, il "boia di Srebrenica", un "patriota".
Ora: Irving e Borghezio hanno il diritto di dire tali castronerie o no?
Andiamo per gradi: è ovvio che uno abbia il diritto di sostenere anche cose sbagliate, altrimenti un bonaccione come Giovanni Paneroni - il contadino bresciano che ai primi del secolo sosteneva che la Terra è piatta e ferma, scrivendoci anche dei libri - sarebbe dovuto finire in galera, visto che propugnava un'idea oggettivamente falsa, nemmeno una sua opinione discutibile.
Ci sono però dei limiti a questa libertà? E' evidente che alcune posizioni scandalizzano più di altre, che urtano il pensiero comune, anche il senso del pudore, a volte; ma secondo me tutte hanno il diritto ad essere espresse. Questo perché in caso contrario bisognerebbe decidere chi stabilisce il confine, chi dice che una cosa si può dire e un'altra assolutamente no. E' la maggioranza che decide il "canone di riferimento"? E se la maggioranza cambia? E se la maggioranza è nazista, come in Germania, allora si può propugnare il razzismo?
Insomma, chi decide qual è la verità, e di quanto ci si può allontanare al massimo da essa? Può deciderla lo Stato? Le verità di Stato sono di solito prerogativa delle dittature...
Credo che l'unica alternativa al lasciare la libertà completa sia aprire le porte all'arbitrio della maggioranza, dello Stato o di chi per esso. E allora preferisco non rischiare (anche se ovviamente non è detto che il rischio si concretizzi: non è che Francia e Austria sono pericolose dittature fasciste perché da loro il negazionismo è reato).
Ho anche pensato che probabilmente un modo di regolarsi potrebbe essere la buona fede: sostenere opinioni di cui si è convinti è sempre valido, farlo in cattiva fede (sapendo di essere nel torto) è meno accettabile. Però la buona o cattiva fede è indimostrabile a meno di confessione.
Con ciò non voglio ovviamente dire che poi tutte le posizioni siano parimenti valide ed equivalenti: alcune sono vere ed altre false. Non sostengo certo un relativismo qualunquistico per cui una posizione vale l'altra, specie da cristiano, credente in una Verità.
Le posizioni vere però possono emergere solo nella dialettica del confronto, nella quale le posizioni false a lungo andare soccombono all'evidenza e non alla forzatura legale (specie quelle più sbagliate delle altre).
Allo stesso modo, credo - per tornare a Irving - che l'Italia abbia fatto bene a dichiararlo "persona non grata": ogni Stato ha diritto a decidere chi può e non può stare sul suo territorio, è uno dei cardini della sovranità. Insomma, dì quello che vuoi, ma non gradisco che lo vieni a fare a casa mia: noi ci teniamo Borghezio e ce n'è abbastanza...
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