Pochi giorni fa, alla Camera, è stata affermata l'incostituzionalità della proposta di legge che inseriva nel Codice penale l'aggravante per i reati commessi per motivi di "omofobia e transfobia, intesi come odio e discriminazione in ragione dell'orientamento sessuale di una persona verso persone del suo stesso sesso, persone del sesso opposto, persone di entrambi i sessi".
La principale motivazione addotta dai contrari alla legge è che in questo modo si sarebbe creata una categoria più protetta di altre, quella degli omosessuali, andando a ledere i principi di uguaglianza. I gay come "più uguali" degli altri, insomma.
Trovo che questa sia una giustificazione debole, per tutta una serie di motivi.
Anzitutto, la legge proposta nel suo testo non si limita ai gay, ma specifica esplicitamente che l'aggravante vale per ogni discriminazione di orientamento sessuale, ivi compresi verso gli eterosessuali (cioè se una banda di gay picchiasse un etero perché é etero verrebbe ugualmente punita). Addirittura si poteva mettere il punto dopo "orientamento sessuale" ed era lo stesso.
A maggior ragione, inoltre, trovo le obiezioni insensate perché la legge non si concentra sulla vittima, ma sul reato. L'aggravante non è nel fatto che il picchiato è gay, ma nel fatto che l'assalitore agisce per odio, indipendentemente da chi assale: se un teppista picchiasse me - eterosessuale - al grido di "Sporco frocio!" pensando che io sia omosessuale l'aggravante scatterebbe anche se di fatto la vittima non è gay. Al contrario, se un teppista picchiasse un gay perché gli ha rigato l'auto parcheggiando, l'aggravante non scatterebbe, nonostante la vittima sia omosessuale. E' vero che ci sarebbero grosse difficoltà pratiche a stabilire l'intenzione di questi atti, ma il fatto che sia difficile non è di per sé un ostacolo di principio, tant'è vero che per altre aggravanti l'interpretazione dell'intenzione è considerata normale.
E veniamo appunto al terzo motivo. Nel 1993 non si erano incontrati problemi nell'approvare una legge che stabiliva che: "Per i reati punibili con pena diversa da quella dell’ergastolo commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, ovvero al fine di agevolare l’attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità, la pena è aumentata fino alla metà". Non si vede la differenza tra queste discriminazioni e quella di omofobia.
Anche l'obiezione "allora perché altre categorie no" è debole: semmai se il principio è questo bisognerebbe estendere le garanzie anche ai minori, agli handicappati e ad altre categorie deboli citate in questi giorni, non restringere il campo per negare la punizione all'omofobia. Quest'obiezione è un esempio tipico di "benaltrismo".
Tutto ciò però non vuol dire che io condivida l'impianto proposto dalla legge nel suo complesso: fin qui sto solo dicendo che le obiezioni addotte sono a mio parere inconsistenti e che non trovo differenze con le altre forme di aggravanti già presenti.
Parliamo però anche di queste altre aggravanti. Io non sono d'accordo con la presenza di aggravanti "d'opinione", quali secondo me sono quelle ora presenti nella legge. Secondo me le aggravanti accettabili sono quelle legate ai fatti oggettivi. Sarei d'accordo ad inserire aggravanti per reati contro minori e handicappati, per esempio: in questo caso proprio per tutelare delle categorie deboli, la cui debolezza è "oggettivamente misurabile", e per punire l'abiezione di chi approfitta di questa debolezza. Sarei d'accordo anche nell'imporre un'aggravante per reati "di branco" (si pensi a certe tifoserie): chi si nasconde nella massa e approfitta di un'oggettiva difficoltà di controllo merita di essere punito.
Per gli altri casi, penso che ci sia una sufficiente discrezionalità nei cosiddetti "futili motivi", che il giudice può addurre per punire varie casistiche che non è possibile né opportuno categorizzare.
Non credo che invece siano giusti i provvedimenti punitivi per "odio etnico, nazionale, razziale o religioso": Mi sembra che si persegua un reato d'opinione, il che in una società civile e liberale non è mai una buona cosa.
Cioè: se io tiro un pugno a uno e gli procuro qualche danno (diciamo reato di lesioni personali lievi) prendo, poniamo, due anni. Se faccio la stessa identica cosa perché penso che la persona che ho davanti sia disprezzabile perché musulmano-nero-terrone-ecc. ne prendo tre (pena aumentata del 50%). Visto che l'atto è lo stesso e il danno pure, devo dedurre che prenderei due anni per l'atto violento e un anno per il mio pensiero, la mia opinione.
A questo punto non vedo perché non dovrebbero darmi un anno direttamente perché la penso così, anche se non vado a picchiare qualcuno.
Intendiamoci, ho i miei dubbi nello scrivere queste cose, mi stridono nel cervello e un razzista o un omofobo che va a commettere reato contro qualcuno per questi motivi mi fa ribrezzo. Ma è in gioco, secondo me, la possibilità, meglio: il diritto di sostenere posizioni sbagliate, anche palesemente sbagliate. Il diritto, in ultima analisi, alla libertà di opinione e di espressione.
Me lo sono sempre chiesto, per esempio quando si impostano leggi contro il negazionismo: esiste questo diritto a sostenere (con mezzi leciti e pacifici) tesi false o sbagliate? Esiste, in altre parole, il diritto - per esempio - ad essere razzisti? Secondo me sì. Credo che però continuerò il discorso in un altro post, visto che l'ora si fa tarda e il discorso complicato.
Nessun commento:
Posta un commento