Nell'ultimo post parlavo di divorzio.
Questo mi ha fatto prendere in mano una serie di appunti che mettevo giù da un po' sull'altra grande questione portata negli anni '70, l'aborto.
Un embrione è un bambino?
Tanti dibattiti di bioetica ruotano attorno a questo concetto, a
questo dilemma. Tante posizioni su aborto, sperimentazione, discendono
dalla risposta a questa domanda.
Probabilmente le posizioni sono tante, e purtroppo non credo che
una risposta sola sia accettabile senza che chi non è d'accordo la senta
come imposta. Non credo che esista una risposta "scientifica"
condivisa. Infatti tutte le legislazioni del mondo si barcamenano con
compromessi politici al riguardo.
Metto giù alcune note, più che altro come appunti per fissare il pensiero.
Anzitutto credo che dobbiamo dirci che la domanda non è neutra. Dietro ci sono interessi di parte, si pensa alle conseguenze. La prima cosa a cui dobbiamo stare attenti è l'ordine dei fattori: cerco la risposta a questa domanda, e poi dalla risposta che mi sono dato faccio discendere le mie posizioni su aborto e bioetica, oppure ho le mie posizioni su aborto e bioetica, e cerco la risposta alla domanda che le giustifica meglio?
Questa è una tentazione forte, perché sappiamo che una certa
risposta giustifica cose che possono venire "comode" a noi adulti già
nati e cresciuti, che potremmo essere sensibili all'interesse di poter
fare queste cose senza preoccuparci di chi è più debole. La tentazione
di barare c'è. Naturalmente non vuol dire che chiunque ha un certo tipo
di risposta bari in ogni caso, eh.
Cercherò quindi di sgombrare il campo dal discorso di pancia "uccidiamo i bambini in pancia alla mamma".
Quello
che ho sempre pensato io è che non riesco a trovare una motivazione
valida perché un embrione sia diverso da un bambino più di quanto un
bambino sia diverso da un adulto o da un vecchio.
Non trovo la
soluzione di continuità. Di un embrione concepito naturalmente ho la
ragionevole certezza che crescerà e nascerà e invecchierà finché non
succederà qualcosa di sanitario (mancato impianto, aborto spontaneo,
malattia) o artificiale (IVG, incidente in auto). Una cosa senza
soluzione di continuità fino alla morte della persona.
Lo stesso mi pare che dica la scienza: la ricerca genica permette
di individuare i caratteri del bambino già dentro l'utero. Abbiamo
cominciato col vedere il sesso del nascituro, ora vediamo se sarà down,
se avrà il diabete, se avrà certe caratteristiche, certe malattie... mi
pare chiaro che le nostre caratteristiche fisiche e naturali sono già
iscritte nel patrimonio genetico fin dalla fusione dei gameti. Mi pare
che anche questo dica di una continuità.
L'unica cesura sensata, probabilmente, è la nascita (dentro/fuori, tutt'uno con la mamma o no). O decidiamo che un bambino è un essere umano solo quando è fuori dalla pancia di mamma, o decidiamo che lo è fin dal concepimento.
Naturalmente la prima posizione porta alcune conseguenze, tipo l'aborto sempre possibile fino al nono mese, che mi pare non siano acquisite da praticamente nessuna legislazione vigente. Forse perché le legislazioni si barcamenano con compromessi, o perché intuitivamente è poco accettabile l'aborto di un feto formato completamente, ma ciò non toglie che mettere un limite temporale (i tre mesi) è una pura convenzione che non segna alcuna soluzione di continuità (il feto è ugale un giorno prima o un giorno dopo il limite).
A questo punto si inserisce una possibile variante: un embrione (o un feto) è un essere umano, ma non ha ancora maturato il diritto alla vita, proprio come un bambino è un essere umano che non ha ancora maturato il diritto di voto. Questo porterebbe a catalogare il diritto alla vita come un diritto non "innato" dell'essere umano, ma un diritto che si matura nel tempo, come il diritto di voto o di guidare.
Questo è il dibattito come è stato finora. La scienza però ci pone davanti a un futuro ancora più complicato di così: l'inseminazione artificiale, la scelta dei gameti, l'impianto di più embrioni, complicano ancora la situazione. In modi completamente inesistenti fino a 50 anni fa nella storia dell'umanità. Per esempio, una coppia decide di avere figli, "produce" in vitro 30 embrioni, e poi impianta quelli messi "meglio", da diversi punti di vista (quali? sanitario? estetico? altra questione poco decidibile...) dopo uno screening statistico. A mio parere questo è quello che prima o poi succederà. Se una cosa tecnicamente si può fare prima o poi la si farà. Se poi è "comoda" (il termine non è esattissimo, ma non riesco a dirlo meglio), non c'è etica che la terrà a freno a lungo.
Di un embrione concepito naturalmente, dicevo sopra, ho la ragionevole certezza che crescerà e nascerà e invecchierà finché non succederà qualcosa di sanitario o artificiale. Il processo senza soluzione di continuità di cui dicevo sopra.
Degli embrioni "prodotti" in vitro posso pensare la stessa cosa? Sarebbero prodotti in 30 sapendo già che uno solo verrà selezionato. So già che 29 non supereranno quello stadio, sono stati "prodotti" per non essere impiantati. Posso pensarli come l'embrione di prima? In questo caso forse la soluzione di continuità sarebbe l'impianto, solo da lì in poi l'embrione impiantato rientra nel flusso continuo di cui dicevo sopra.
Cose impensabili, per cui non abbiamo le categorie.
Vedremo, in quel caso, se il problema dell'aborto è solo fisico, o se ci saranno impedimenti a far crescere il bimbo fuori da sé.
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