Ho finito di leggere Contro la democrazia, di Jason Brennan.
L'ho scoperto qui. Il libro è abbastanza godibile, un po' pedante in alcune parti con asserzioni molto cautelative e spiegazioni molto legate a proposizioni logiche più che a ragionamenti. Comunque direi che alla fin fine la lettura non ha aggiunto molto all'articolo linkato sopra.
Ho trovato particolarmente interessante la scoperta, ripresa nell'introduzione di Sabino Cassese, che l'articolo 48 della Costituzione prevede già delle restrizioni al suffragio universale, e fra queste l'indegnità morale. Considerando che per i costituenti il voto è un diritto ma anche un "dovere civico" (sempre art. 48), direi che nel 1948 il concetto di voto era più equilibrato tra diritto e responsabilità. Oggi ci pare ovvio che sia un diritto, infatti abbiamo tolto praticamente tutti i limiti al diritto di voto, ma una volta c'era qualche traccia "funzionalista" nell'interpretazione della democrazia. Per esempio, fino alla legge Basaglia i disabili mentali non votavano. Oggi possiamo permetterci che votino perchè 1) sono pochi e 2) tra l'altro molti non votano nemmeno, ma se venissero meno queste due condizioni siamo sicuri che non ci porremmo il problema?
Io sono personalmente legato all'idea del voto come diritto inalienabile, ma l'idea di attribuire più voti a qualcuno (invece di togliere il diritto a qualcun altro) mi pare che non leda questo principio.
Tra le debolezze del libro, vedo che - per giustificare un'attribuzione diseguale di voti - spesso si insiste sul fatto che il voto di ciascuno pesa praticamente zero. Ma allora perché scannarsi per regolarlo?
Se il voto vale poco o nulla, inoltre, non è solo un caso statistico: vedo che anche Brennan "ammette" che spesso i governanti fanno un po' quello che vogliono, o meglio: non seguono i programmi e le promesse elettorali alla lettera perché si comportano secondo quello che "bisogna" fare, secondo i vincoli internazionali e di realtà. E questo è un bene, credo.
Però resta il problema che alcune cose di immagine a costo nullo, e quindi non sottoposte ai vincoli di realtà, si sbilanciano molto sul desiderio democratico (leggi: sulla pancia dell'elettorato): si pensi a "chiudiamo i porti", per esempio, o alla questione delle aperture domenicali degli esercizi commerciali.
Ho trovato infine molto chiara l'esposizione del fatto che la politica tende a creare delle tifoserie. Ci divide, ci rende sospettosi l'un l'altro. Più volte ho scritto che questo fatto è ciò che non mi piace della politica comunale e dell'atteggiamento che abbiamo noi cattolici nei confronti della politica / dei politici: si rovinano dei rapporti personali. Su questo dobbiamo crescere tutti, non è solo questione di populisti e democratici "classici".
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