Siamo a una variante della solita polemica: perché i migranti non li prendi a casa tua? Perché chi dice di accogliere non fa qualcosa in prima persona? Perché Saviano non se li porta nell'attico di NY? Che ipocriti!
Una risposta molto convincente la trovai da Luca Sofri in questo pezzo:
Non li prendo a casa mia perché voglio fare cose più efficaci, voglio pagare le tasse e che le mie tasse siano usate per permettere che queste cose siano fatte bene e professionalmente dal mio Stato, e voglio anche aiutare e finanziare personalmente le strutture e associazioni che lo fanno e lo sanno fare. Non li prendo a casa mia perché quando c’è stato un terremoto e le persone sono rimaste senza casa non ho pensato che la soluzione fosse prenderle a casa mia, ma ho preteso che lo Stato con i miei soldi creasse centri di accoglienza e strutture adeguate, le proteggesse e curasse e aiutasse a ricostruire loro una casa. Non li prendo a casa mia perché se incontro una persona ferita o malata, chiamo un’ambulanza, non la porto a casa mia.Chi vuole l'accoglienza sta ponendo un problema politico: vuole un'accoglienza anzitutto possibile (lasciamoli entrare), poi auspica che sia efficace e strutturata (quindi fatta da professionisti della società e/o dallo Stato, e al più - mia interpretazione - è disposto a metterci dei soldi per contribuire, con le tasse e/o con la beneficenza).
Sofri torna sul tema più di recente con questo intervento, con un'altra difesa dall'accusa di ipocrisia. Sofri esprime nel farlo un'interessante definizione di sinistra:
Essere di sinistra [...] significava volere di più per tutti, non di meno. L’idea che la sinistra fosse quella dei “comunisti” e degli espropriatori della proprietà privata suonava vecchia e rifiutata già allora. Nessuno di noi di sinistra pensava a togliere ricchezza ai ricchi, ma a darne agli altri.Ecco, su questa definizione sono un po' meno d'accordo, perché mi pare troppo intrisa di buone intenzioni. Come si forma la ricchezza da dare a tutti? I soldi non crescono nel campo dei miracoli di Pinocchio.*
Alle due argomentazioni di Sofri aggiungo io due punti.
Primo: tutto ciò vuol dire che il Rolex non è un problema? Diciamo che - sfondando un campo morale, quasi religioso - c'è il problema dell'esempio: le prediche e le magliette rosse servono a poco se non c'è la testimonianza. Il nostro tempo (ogni tempo, in realtà) ha bisogno di testimoni più che di maestri.
Secondo: le accuse di coerenza sono tanto più facili quanto più ci si pone un obiettivo "alto".
Se io dico: "Bisogna mangiare sano!", e poi una volta mi faccio birra e patatine, qualcuno potrà obiettare che predico bene e razzolo male. Se dico "Mangiamo un po' quel ca**o che ci pare!" nessuno mi coglierà mai in castagna e sarò sempre libero di fare qualsiasi cosa. Però tutto ciò non significa che mangiare sano sia una proposta sbagliata: certo è più difficile.
Se dico "siate generosi!" mi espongo a chi cercherà il pelo nell'uovo - e lo troverà, perché nessuno è perfetto. Se dico "ognun per sè" nessuno potrà tacciarmi di ipocrisia.
Il rischio è che le accuse di ipocrisia portino ad abbassare l'asticella. Si sdoganano comportamenti più bassi - il cibo spazzatura, l'egoismo - con la scusa che perseguire quelli "alti" è così difficile che non ci riescono neppure i sostenitori di questi atteggiamenti.
E' un atteggiamento parente del "perfettismo" condannato da don Sturzo: non si riesce a perseguire la perfezione, quindi si rinuncia a tutto. Ma tra l'asticella in Paradiso e nessuna asticella ci sono molte vie di mezzo, e se l'asticella non si supera può anche restare dov'è per cercare di superarla la prossima volta.
* Divagando, ricordo che un professore di un corso che seguii a Roma spiegava che la finanziarizzazione dell'economia fu promossa dalla "nuova sinistra" degli anni '90 (Clinton, Blair) per un discorso simile: le banche d'affari fanno un sacco di soldi, rendiamo accessibili questi prodotti anche alla borghesia, facciamo arrivare un po' di finanza a tutti. Ed ecco la fine della distinzione tra banche "normali" e banche d'affari.
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