Sabato sera sono stato in Oratorio a vedere la festa finale del Grest 2012. Mi ha ispirato due riflessioni. Chi legge le prenda per quello che sono: provocazioni, un modo di osservare che spesso ci sono diversi modi di vedere la realtà. Non sono convinto del tutto dell'assoluta giustezza di quanto esporrò, so che ci sono molte giustificate obiezioni possibili, ma voglio presentare due punti di vista ai quali credo che non si pensi in molti.
Primo fatto. Al termine della serata don Renato ha annunciato l'ingresso in seminario di un educatore del Time Out, Alberto Giobini. Tanti auguri ad Alberto.
Al di là dello stupore per l'annuncio coram populo, di cui non ricordo precedenti per i vari seminaristi della nostra Parrocchia, mi è subito venuto in mente come avrebbe commentato la cosa una coppia che ho conosciuto durante il cammino di preparazione al matrimonio: e perché non annunciare con altrettanta pubblica gioia la scelta di sposarsi di qualche giovane? (Nella fattispecie ce ne sarebbe stata l'occasione, visto che la responsabile dello stesso Time Out ha da poco fissato la data delle nozze.)
Si fa un gran parlare - specie dopo il Concilio - sulla pari dignità di tutte le vocazioni, quindi anche di quella al matrimonio, ma poi all'atto pratico, specie nei discorsi dei preti, sembra sempre che ci sia un po' di autoreferenzialità e che la vocazione al sacerdozio sia un po' "più uguale" delle altre.
Ma non è solo una questione di preti: anche per i fedeli, insomma, il sacerdote "vale di più". E invece chiunque abbia una famiglia e cerchi di vivere da cristiano in famiglia, specie con dei figli, sa quanto è difficile e (quindi) quanto valore ha cercare di realizzare appieno la vocazione al matrimonio.
Non voglio stilare classifiche, che sono senza senso (è come confrontare le mele con le pere), ma credo che vada riconosciuta sempre la pari dignità tra mele e pere. Invece probabilmente siamo tutti un po' incancreniti sull'idea che ci sono le mele, le pere, le banane, ma le albicocche valgono di più.
Insomma, il sacerdote è "alter Christus" per il suo ruolo sacramentale, non perché è davvero la reincarnazione di Gesù! Quindi sarebbe il caso di trattare una scelta di seminario come una scelta di matrimonio cristiano: con tanti sinceri auguri da tutta la comunità e affidando al Signore nella preghiera l'una e l'altra.
Secondo fatto. La proclamazione dei vincitori del Grest è arrivata quasi a mezzanotte, e da lì in poi la festa è proseguita ancora almeno fino a mezzanotte e dieci (quando me ne sono andato io) con la musica che continuava. Chi sta (o è stato, nel mio caso) in Oratorio sa bene delle lamentele del vicinato per gli innegabili disagi legati all'attività oratoriana, che crescono di solito proprio in corrispondenza del Grest, che comporta emissioni acustiche per tutti i pomeriggi di tre settimane.
Negli anni scorsi la festa era più breve e cominciava prima: fino a due anni fa si svolgeva di domenica e si doveva venire incontro ai desiderata dei genitori, impegnati il giorno successivo con il lavoro e/o il primo giorno di scuola dei bambini. Ecco allora che non si sforavano mai le 11.
Da due anni, invece, la festa è stata spostata al sabato, proprio per avere più tempo. Non è anche questa una scelta autoreferenziale? Che guarda solo alle ragioni dell'Oratorio e non a quelle dei vicini? La festa si può fare di sabato, avendo poi la domenica per risistemare il tutto, ma non per questo si deve prolungare oltre certi orari. Si può finire comunque entro le 11, magari cominciando un po' più puntuali (sabato lo spettacolo non è iniziato prima delle 21.10).
Potremmo andare avanti andando a vedere anche perché la serata si è prolungata tanto. Dopo il balletto educatori, infatti, si aspettava solo la proclamazione dei vincitori. Invece ci sono stati una serie di interventi, che hanno abbastanza spazientito il pubblico: i gioppini, i responsabili, il curato, il parroco, la suora... Tutti con qualcosa da dire, anche di bello. Anche in questo caso, però, non sono i singoli a peccare di autoreferenzialità? A credere di avere qualcosa di così assolutamente irrinunciabile da dire, che la gente deve assolutamente sentire, anche se sono le undici e mezza?
Lo dico anche come autocritica: anch'io faccio veramente fatica a trattenermi dal "dire la mia" quando chiacchiero (è anche per questo che ho un blog).
Ampliando il discorso, non è solo un problema di vicini: sono scelte come queste che alimentano secondo me le dicerie secondo cui l'Oratorio è un ambiente chiuso, la Parrocchia pure, i preti fanno quello che vogliono, eccetera. Al di là delle dicerie di paese, queste cose vanno ad alimentare un certo anticlericalismo d'accatto, vanno a confermare (o meglio a non smentire) i pregiudizi di chi magari è già prevenuto. Possiamo anche decidere, come persone d'Oratorio, di non curarci di questi pregiudizi, ma sarebbe una scelta autoreferenziale, e in questo caso non continuiamo a chiederci come mai l'ambiente parrocchiale è percepito come chiuso.
Proprio in un'annata come questa, in cui si è dato un giro di vite alle emissioni sonore delle feste (con la limitazione al piccolo palco delle ex-piscine ed i relativi controlli delle emissioni acustiche, per esempio), sarebbe stato il caso di mostrarsi ancora più attenti alle regole. La Chiesa non può approfittare della benevolenza che le è in ogni caso concessa da parte delle autorità (leggi: i vigili non vengono a fare le multe all'Oratorio), perché non è un problema di multe, ma di credibilità: per i motivi di cui sopra (e anche per un'opportunità educativa) dobbiamo essere più integerrimi della moglie di Cesare, per non sembrare "più uguali" degli altri.
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