Questo post prende lo spunto da questa notizia: secondo un giornalista di Repubblica il killer di Denver potrebbe essere stato ispirato dall'autore del fumetto Batman, che sarebbe quindi il "papà" di questa follia.
Non mi concentro sul fatto che - come ogni appassionato di fumetti USA sa - Gaiman non è l'inventore di Batman (ne ha scritto solo qualche storia), ma di Sandman.
Non mi concentro nemmeno sull'"accusa" in sé: sicuramente il giornalista non intendeva addossare responsabilità in senso letterale, gli è uscita un'espressione infelice.
Mi interessa invece la bassa considerazione di cui gode il fumetto come medium. Negli anni '50, in Italia, si parlò addirittura di proibirlo perché traviava i giovani. Non si contavano le richieste di censura preventiva, a volte anche riuscite, portate in Parlamento (addirittura!) nel 1951, 1955, 1958. Ogni tanto qualcuno ha l'alzata d'ingegno di attribuire al fumetto potenzialità ispiratrici delle peggiori malefatte, specie quando si tratta di fumetti come Diabolik o Dylan Dog.
Queste polemiche sono molto meno marcate per i videogiochi, i film, i telegiornali stessi, che contengono dosi di violenza almeno equivalenti ai fumetti (e tra l'altro in video, non statiche su pagina, quindi più impressionanti). Quanto a morbosità, poi, certi programmi del pomeriggio in Tv o certe serate di Vespa sono molto peggiori di un fumetto.
Non riesco a capire il perché di questa bassa considerazione. E' vero che il fumetto è un medium giovane, che ha attraversato una crescita relativamente recente, accompagnata da capolavori come da una vasta produzione di sottobosco di bassa lega. Ma questo si può dire di tutte le produzioni creative e/o artistiche, e questi problemi non si pongono per esempio per un altro medium altrettanto giovane come il cinema.
Fumetto e cinema sono in qualche modo gemelli: era il 1895 che Yellow Kid, convenzionalmente considerato come il primo fumetto, esordiva sul domenicale a colori del New York World. Nello stesso anno i fratelli Lumière proiettavano i primi filmati con il cinematografo.
Il fumetto ha avuto un'evoluzione nell'"audio" (dalle didascalie ai balloon alle vignette) come il cinema (dal muto alla musica al sonoro). Anche il cinema offre capolavori come molti B-movies.
Eppure il cinema è per tutti la "settima arte", mentre il fumetto non è riconosciuto come tale. Anzi, per screditare una pellicola, una volta, si diceva "è un fumettone" in senso dispregiativo.
Non capisco proprio perché. Il fumetto ha grandi potenzialità, soprattutto peculiari rispetto ad altri media: ha un uso dell'immagine che la letteratura non possiede, rispetto al cinema permette però intrecci su più livelli (si pensi alla sottotrama del fumetto nel fumetto in Watchmen, praticamente impossibile da rendere nell'omonimo film) e un livello esplicativo più chiaro (il cinema non ha didascalie).
Negli USA già da tempo il fumetto è stato "sdoganato": era il 1992 quando Maus (en passant la migliore descrizione dell'Olocausto che conosca, in quanto non agiografica) vinse il premio Pulitzer. In America nessuno si sognerebbe di buttare lì frasi come quelle di Repubblica.
Ma anche in Italia si scrivono capolavori: senza contare Corto Maltese, che è bello ma secondo me non eccezionale (e forse anche un po' sopravvalutato), i lavori di Gonano-De Luca (Il commissario Spada, sugli anni di piombo) o alcuni numeri di Bonelli (Dylan Dog, Martin Mystère, Nathan Never) sono dei capolavori nei loro rispettivi generi narrativi. I fumetti di Manfredi (da Magico Vento a Volto Nascosto a Shangai Devil) sono degni di un libro di storia per il dettaglio storiografico e per il lavoro di documentazione richiesto anche ai disegnatori.
Lunga vita al fumetto!
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