Oggi, 8 marzo, propongo la lettura di questo articolo di Avvenire. E' di un anno fa, ma resta sempre valido.
Parla di tre donne che lottano contro la guerra, ciascuna nel proprio Paese.
Olga Karach, bielorussa, femminista, pacifista, è rifugiata in Lituania in quanto "nemica" del regime di Lukashenko. La Lituania purtroppo le ha negato l'asilo politico, pur rinnovando per fortuna il visto per due anni.
Olga vive in esilio a Vilnius perché in patria l’attende una condanna a
morte, ma si è vista rifiutare la domanda di asilo politico e protezione
presentata un anno fa al governo della Lituania. La motivazione,
incredibile, è che la Karatch rappresenterebbe “una minaccia per la
sicurezza nazionale della Repubblica di Lituania”.
Kateryna Lanko appartiene al Movimento pacifista ucraino e difende il diritto all'obiezione di coscienza.
«Tanti ucraini vorrebbero aiutare il paese, ma non con la
violenza. C’è da aiutare tanta gente, dagli anziani soli a chi ha perso
la casa, però non ci sono alternative all’arruolamento». L’Ucraina
prevedeva l’obiezione di coscienza solo per motivi religiosi di 10
confessioni. Non altre e non per motivi etici. [...] Poi la legge marziale ha
sospeso anche quel limitato diritto a obiettare. «Abbiamo presentato
ricorso contro la condanna del primo obiettore in guerra, Vitaly
Alekseienko, cristiano evangelico del Donetsk. Ma almeno altri 200
giovani - spiega la pacifista ucraina - sono a rischio.»
Darya Berg è russa. Per motivi di sicurezza non vive in patria, ma continua ad aiutare obiettori e disertori.
«Il nome della nostra ong, Go by the forest [...]
in russo è un insulto, “Vai a... quel paese”, rivolto al nostro
governo, ma anche un invito ai nostri soldati a nascondersi, obiettare,
disertare. Aiutiamo chi non vuole combattere. Ci scrivono su Telegram,
diamo assistenza legale, aiuto per trovare asilo e espatriare.
Sabotiamo la chiamata alle armi, perché meno persone possibile premano
il grilletto per Putin».
Le tre donne hanno fatto un tour insieme in diverse città italiane, toccando anche Brescia.
Olga Karach è tornata da pochi giorni nel nostro Paese perché le è stato conferito qualche giorno fa a Montecitorio il premio Alexander Langer 2023. Nonostante ciò il rifiuto di concederle asilo politico mostra che la sua attività disturba anche nel campo europeo.