Ho letto Il ponte sulla Drina, di Ivo Andric.
Era parecchio tempo che non leggevo qualcosa che mi piacesse così tanto.
Non
è nemmeno un “romanzo” in senso stretto. Non c’è un protagonista, non
c’è una famiglia, una dinastia. Il protagonista, come si evince
facilmente dal titolo, è il ponte stesso. Quattrocento anni di storia
del ponte, dal suo “concepimento” alla sua distruzione (comunque
parziale, è stato ricostruito).
Si tratta più che altro
di una serie di novelle che si svolgono nei dintorni del ponte, con
alcuni (pochi) personaggi che ritornano per alcuni capitoli.
L’atmosfera
è bellissima. Assomiglia un po’ a quella dei romanzi di Joseph Roth,
visto che molti capitoli si svolgono sotto il dominio austro-ungarico,
ma con un che di sognante in più. La prosa è complessa, dettagliata, ma
si fa comunque leggere in modo sufficientemente
scorrevole.
Andric descrive un mondo che è quello dei
racconti della sua infanzia, un mondo che non c’è più, quasi mitico. Un
mondo di un’Europa crocevia di culture che trovano un difficoltoso punto
di caduta in queste terre in cui il crocevia è anche fisico. E poi un
mondo che sparisce nei nazionalismi di fine 1800 e inizio 1900.
Il Nobel fa anche cose buone: leggo che gli è stato attribuito nel 1961, la prima traduzione inglese è del 1959, quella italiana del 1960: credo di non sbagliare se ipotizzo che Nobel e diffusione internazionale si siano sovrapposti non per caso.
Leggo dalla
Wikipedia inglese che il libro avrebbe un sottotesto anti-musulmano. Io
non ce lo ho trovato assolutamente. I musulmani sono descritti come i
padroni venuti da “fuori”, in modo forse leggermente stereotipato, ma
non mi pare proprio in modo completamente e pregiudizialmente negativo,
anzi. Le regole in loro favore mi paiono la normalità in ogni dove, in
quel periodo, a favore della religione dominante, quale che fosse. Anzi,
spesso si sottolinea che tutto sommato la convivenza funzionava bene;
probabilmente molto meglio che in un sacco di altri posti d’Europa, per
chi conosce la storia.
Ho trovato anzi affascinante la
visione della “ricerca della quiete” ottomana che si contrappone alla
frenetica attività portata dagli austriaci.
Lettura consigliatissima in ogni senso. Trasuda poesia da ogni riga, e anche le storie tristi, che ci sono, sono raccontate con una delicatezza e un rispetto che commuove.
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