Il
secondo giorno è stato il momento delle due novità più significative di questa
Settimana. La mattina abbiamo svolto i lavori di gruppo. Pare che sia una
novità far partecipare tutti i delegati. Mi dice chi ha partecipato alle
precedenti Settimane che prima non si parlava, si ascoltavano solo gli
interventi dal palco. Magari numerosi (a Torino nel 2013 si susseguivano
interventi ogni tre minuti) ma sempre solo dal palco. Quest’anno si è voluto
dare un’impronta più sinodale. Anche il comitato scientifico di preparazione ha
lavorato in questo modo, e sembra che sia andata molto bene. Suor Alessandra
Smerilli – membro del comitato – ha spiegato che il metodo sinodale si può
applicare a tutti i livelli, fino alle nostre Parrocchie, basta non aver paura
di lavorare senza avere predeterminato quali saranno le conclusioni.
Nel
nostro caso si sono organizzati 100 tavoli da una decina di persone ciascuno,
con appartenenze ed età variegate. E’ stato bello vedere ai tavoli, in un
confronto alla pari, anche i vescovi. Al mio tavolo ha partecipato mons. Domenico
Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo. E’ stato proprio lui, mentre la
discussione stava su temi generici, a sottolineare con esempi concreti su
decisioni che ha dovuto prendere in diocesi che le scelte sul lavoro degno
interpellano anche la Chiesa. Ha sottolineato che la Chiesa deve purificare il
suo agire, da questo punto di vista: basta lavori in nero, al massimo ribasso
purchessia, magari lavori non pagati. Il vescovo ha usato un’espressione che
non dimenticherò tanto presto: «purtroppo la Chiesa ha una vocazione
all’illegalità. Non so perché, se perché abbiamo sempre pensato che lo
spirituale è superiore al temporale, o per che altro motivo». La guida del
tavolo ha chiesto di ripetere, credeva di non aver capito... invece mons.
Mogavero ha ribadito scandendo bene «vocazione all’illegalità». Per essere
testimoni credibili dobbiamo essere trasparenti. E’ una questione di
correttezza, la stessa che chiediamo ai politici nel gestire i soldi pubblici,
perché anche i soldi della Chiesa sono “pubblici”: sono dei fedeli.
Pensavo che la cosa sarebbe rimasta confinata al tavolo di lavoro, invece nell’intervento di chiusura mons. Santoro (presidente del comitato scientifico) ha affermato che la Chiesa deve farsi carico di mettere in pratica lei per prima le cose che chiede al mondo del lavoro. Non so se in questo passaggio entra quanto emerso nel nostro tavolo, così come non so quanto i contributi dei tavoli siano entrati nelle conclusioni dei lavori (anche perché è difficile rielaborare in poche ore cento tavoli e mille teste, individuare qualche spunto comune e trovare anche il modo di inserirlo in bozze di conclusioni certamente già predisposte). Se non altro è stata una bella esperienza di condivisione per noi delegati.
Pensavo che la cosa sarebbe rimasta confinata al tavolo di lavoro, invece nell’intervento di chiusura mons. Santoro (presidente del comitato scientifico) ha affermato che la Chiesa deve farsi carico di mettere in pratica lei per prima le cose che chiede al mondo del lavoro. Non so se in questo passaggio entra quanto emerso nel nostro tavolo, così come non so quanto i contributi dei tavoli siano entrati nelle conclusioni dei lavori (anche perché è difficile rielaborare in poche ore cento tavoli e mille teste, individuare qualche spunto comune e trovare anche il modo di inserirlo in bozze di conclusioni certamente già predisposte). Se non altro è stata una bella esperienza di condivisione per noi delegati.
Il
pomeriggio, mentre i responsabili cercavano di far quadrare il cerchio dei
lavori di gruppo, siamo stati accompagnati a visitare alcune delle “buone
pratiche” del lavoro che una apposita commissione aveva individuato nei
dintorni di Cagliari. La ricerca di buone pratiche è stata la seconda novità
messa in campo da questa Settimana Sociale: nello scorso anno dei “cercatori di
lavOro” si sono mossi in tutta Italia per cercare esempi di pratiche di lavoro
che avesse le caratteristiche indicate dall’Evangelii gaudium, cioè
libero, creativo, partecipativo e solidale; in una parola: degno, e che fossero
pratiche economicamente sostenibili (niente assistenzialismo) e riproducibili.
Ne sono emerse 402. Dalla (supersonica) descrizione che ne è stata fatta in
assemblea da Leonardo Becchetti mi pare d’aver capito che si tratta soprattutto
di piccole imprese, in vari campi, dalla cultura all’enogastronomia
all’innovazione. Su otto di queste pratiche – in questo caso otto aziende
medio-grandi – si è realizzato un documentario molto interessante, disponibile
in rete. Mi ha colpito in particolare l’affermazione di una dirigente di una
grande azienda farmaceutica, che parlava dei suoi bravi dipendenti: «devi
meritarteli, dei dipendenti così». Se vuoi dei dipendenti appassionati,
positivi, formati, che lavorano bene, devi metterli in condizione di farlo.
(continua)
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