Ho finito di leggere approfonditamente l'enciclica di papa Francesco, Laudato Si'.
Ne ho avuto impressioni varie. Diciamo che una cosa è sicura: questo Papa non le manda a dire.
La sua prosa è molto scorrevole, persino semplice. Tutta un'altra cosa rispetto alla Caritas in veritate, che ho letto prima della Laudato Si' e che era molto più impegnativa da leggere. Al netto delle differenze di stile, però, la continuità tra i due pontefici è evidente. Entrambi insistono sull'umanesimo integrale, sulla logica del dono, della gratuità, sulla "cultura della cura", come la chiama papa Francesco. Francesco cita esplicitamente per ben 13 volte il suo predecessore e la sua enciclica sociale.
Di Francesco colpisce la schiettezza. Le situazioni sono descritte con parole così chiare che a volte sembra che il testo sia persino pessimista, da quanto è crudo. Il Papa non si tira indietro nel denunciare i mali, ma anche i falsi rimedi, come il semplice legalismo (ripete più volte che le leggi da sole non bastano, senza una coscienza civile che le rispetti con convinzione) o l'ecologismo di facciata ("marketing", arriva a chiamarlo). Non si nasconde che cambiare stili di vita può essere faticoso, e chi magari avrebbe buone intenzioni ma è frenato da una situazione incancrenita.
Poi ci sono slanci di poesia alta, come quando il Papa parla del creato come azione di Dio. Ma soprattutto, nonostante le difficoltà, il Papa ci ricorda che in ogni caso per l'uomo è sempre possibile cambiare il proprio destino. La speranza quindi c'è sempre.
Questo si vede anche nell'ultimo capitolo, che è strutturato in un climax ascendente: da situazioni pratiche, quotidiane, piccole, si passa a parlare della politica, dell'attività pubblica; poi si entra nella parte spirituale, prima - anche qui - pratica, con i sacramenti, poi si citano i mistici, si arriva alla Trinità, a Maria e Giuseppe, fino alla Parusia.
Il Papa chiude descrivendo la sua riflessione come "gioiosa e drammatica insieme". Direi che è una buona sintesi...
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