Alcuni appunti sulle letture di ieri.
Il Vangelo è quello celebre del “Date a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio”.
L’interpretazione corrente è che il Vangelo sia da interpretare nel senso della “separazione dei poteri”: il potere terreno, civile, da quello divino, religioso. Quest’interpretazione è senz’altro corretta. Aggiungo però due riflessioni.
Secondo me non è casuale l’esempio che Gesù usa per indicare l’ambito terreno: il denaro. Quale cosa più terrena? Più tipica di questo mondo? Il successo, la ricchezza non sono per i discepoli: lo troviamo scritto tante volte nel Vangelo.
Ma ancora: questa lettura non si può leggere, secondo me, in modo disgiunto dalla lettera, in cui Pietro prospetta “nuovi cieli e una terra nuova”, il Regno di Dio in cui sarà stabilita la giustizia. E Gesù è venuto a dirci che il Regno è già in mezzo a noi, o che perlomeno che gli piacerebbe che questo fuoco di giustizia fosse già acceso.
Nel Regno da realizzare su questa terra – descritto con espressione mirabile da Paolo VI: la “civiltà dell’Amore” – trovano riunificazione il terreno e il divino, superando la distinzione tra Cesare e Dio. E’ chiaro che questa è solo una prospettiva, ma il cristiano ha il dovere di mantenere questo orizzonte unitario, pur sapendo discernere, nel mondo, quali elementi appartengono a un ambito o all’altro.
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